Il 27 ottobre 1991 (ricorrenza di oggi) l’Olimpico si riempie come ha fatto tante altre volte. E come da tanto non fa più. C’è una partita come tante altre, una neopromossa come tante altre. Una domenica come tante altre. In contemporanea la Sampdoria va a giocare il derby in casa del Genoa con lo scudetto sul petto per la prima volta nella sua storia. C’è Bari-Milan, c’è Inter-Napoli. Giocano tutti, niente anticipi, niente posticipi. La Curva Sud propone la solita coreografia di una bellezza stravagante. Ottavio Bianchi non è mai stato troppo amato, ma con 10 punti in classifica la squadra è attaccata alle prime.
Allargando un po’ gli orizzonti, da un mese e mezzo è cominciato un programma che rivoluzionerà una buona parte del modo di intendere un certo tipo di tv: Non è la Rai. Va in onda su Canale 5 e lo conduce Enrica Bonaccorti, coadiuvata da Antonella Elia e Yvonne Sciò. Ambra Angiolini avrà quel ruolo solo due stagioni dopo. Gianni Boncompagni ha già dichiarato che il titolo non ha niente di polemico ma riprende soltanto la canzone No, non è la BBC, tratta dal suo storico programma radiofonico Alto gradimento. Nessuno gli crederà più di tanto.
Comunque, quel pomeriggio la Roma si ritrova davanti il Foggia. Non è la prima volta che l’Olimpico giallorosso fa la conoscenza di Zdenek Zeman. Era già successo poco più di anno prima, in Coppa Italia. Rossoneri (che vinceranno il campionato di serie B a fine stagione) battuti 1-0, gol di Voeller. Ma è la prima volta che fa la conoscenza di quello che è il suo calcio. Perché stavolta è giocato alla pari. Ci sono Rambaudi, Baiano e Signori, ma a pareggiare nel finale sarà Igor Shalimov. Faro dell’URSS che battè la Jugoslavia di Savicevic, Boban e Boksic nella finale degli Europei Under 21 del 1990, arriva al Foggia neopromosso in serie A nell’estate seguente.
Sean Connery e il suo James Bond viaggiavano sull’Orient Express in A 007, dalla Russia con amore (1963, regia di Terence Young). Shalimov invece, più che “con amore”, arriva dalla Russia in cambio di grano: pare infatti che parte del pagamento allo Spartak Mosca avvenne così. Fu uno dei 9 gol segnati nell’unico campionato che giocò agli ordini del Boemo, perché nella stagione successiva è già all’Inter. Che batte il Torino nel finale e salva (forse, per ora) la panchina di De Boer. La Roma era passata in vantaggio all’inizio del secondo tempo con un tiro di Rizzitelli deviato da Dan Petrescu. Terzino destro rumeno di grande qualità che quando giocherà nel Chelsea verrà soprannominato Agent Mulder. Il tutto per una vaga somiglianza con David Duchovny, l’attore che interpreta l’agente Fox William Mulder nella serie tv X-Files.
“Dicono tutti che non c’è, ma io che l’ho visto so dov’è. Forse non immagini, ma non è difficile comprendere”, cantava Enrico Ruggeri nella sua Peter Pan. Che ascoltavamo un po’ tutti nell’autunno 1991 e dava l’impressione di parlare del modo di intendere il calcio da parte di Zeman. Che a Cagliari (ultima esperienza nella nostra serie A finora) non sembrava aver lasciato molto di sé. Almeno fino a queste settimane, in cui la squadra di Rastelli sta mettendo in mostra una certa svagatezza difensiva marchio di fabbrica del Boemo. La Lazio gliene fa altri 4, occorrerà rivedere qualcosa.
Di Francesco è stato allenato da Zeman e si vede. Molto più di quanto non dica il modulo che utilizza. Il suo Sassuolo sente i tanti impegni ravvicinati ed è privo di due pedine fondamentali come Magnanelli e Berardi. Però parte bene e va anche in vantaggio. Ma poi subisce la Roma per tutta la partita. I gol sono soltanto questione di tempo e di mira, viste le due traverse colpite nel primo tempo. Ma qui Zeman non c’entra molto. La vittoria in rimonta dà sempre un tono da squadra matura. Speriamo di non ricadere a breve nei soliti errori.
“Sai cosa ti dico, Simpatia? Sinceramente: tu hai ragione. In ogni tua tattica. In ogni tuo comportamento. Ma io sono triste ugualmente. Tu hai allenato una ventina di squadre, in tutto il mondo, sempre con lo stesso modulo, sempre con lo stesso modulo. E cioè da da do e da do a da, rispettivamente sei attaccanti, due centrocampisti, e in difesa hai sempre messo due assistenti degli attaccanti avversari e non ti hanno mai capito. Why? Because sei troppo avanti”, uno dei passaggi più importanti della famosissima Ode a Zeman, apice del rapporto tra il Boemo e Frengo e Stop, corrispondente foggiano di Mai Dire Gol interpretato da Antonio Albanese e sostenitore verseggiante delle scatenate vicende di Zemanlandia, il Foggia di allora.
E’ un monologo interpretato proprio di fronte al Boemo, che fa presenza con la sua solita espressione impietrita. Il programma però era un altro: Non c’è problema, condotto dallo stesso Albanese su Raitre, era il 2003. Pensieri che non appartengono solo a Frengo. Appartengono un po’ a tutti. Anche ad Antonello Venditti, che cominciò a riunirli probabilmente in quel pomeriggio e li metterà in musica soltanto anni dopo. Quando ne avrà testato l’inconsistenza romanista. Lo farà nella sua La coscienza di Zeman, inserita nell’album Goodbye Novecento del 1999: “All’attacco vai, in difesa mai, tu non ti fermerai”. Canzone che parla anche di sfide al palazzo, che disegna uno Zeman a tutto tondo, non solo come uomo di campo. Che parla di “sogno intatto”, ma “che non si avvera quasi mai”. Cosa è cambiato da allora?