Da quell’ultimo giorno in cui la liturgia fra l’Inter, San Siro e José Mourinho è stata officiata per l’ultima volta sono passati 4292 giorni. Era il 9 maggio 2010 e i nerazzurri, freschi del successo in Coppa Italia contro la Roma, battevano il Chievo per 4-3. Da quel pomeriggio lo Special One ha vissuto altimetrie emotive assai elaborate e ora – con 10 titoli in più in bacheca, ma anche con 5 anni di digiuno alle spalle – arriva alla sfida con uno spirito particolare. Già alla vigilia della sfida col Milan del 6 gennaio una delegazione della Curva Nord nerazzurra incontrò l’allenatore portoghese per consegnargli una targa che recitava: “A mister José Mourinho. La tua carriera lavorativa ti potrà portare ovunque, ma sei e resterai sempre uno di noi“.
Il problema (si fa per dire) è che il match di San Siro presupporrà una sorta di durezza di cuore da mettere in conto, perché – con l’eliminazione diretta – una tra Inter e Roma ufficializzerà al mondo il fallimento nella rincorsa a uno degli obiettivi stagionali. Se i nerazzurri hanno modeste chance di vincere in Champions e, da sabato, pane duro da masticare in campionato, i giallorossi possono contare su una più agevole Conference League, ma anche temere l’ardua salita nella rincorsa ai primi 4 posti della Serie A. Morale: la Coppa è difficile da snobbare.
Al netto degli arbitraggi, però, a Trigoria c’è chi pensa come la Roma debba crescere nel gioco. Non è un caso che la squadra abbia appena l’8° attacco e la 6a difesa del campionato, senza contare che i giallorossi hanno gli stessi punti della prima stagione di Fonseca e ben 5 in meno della seconda, pur con una rosa che ha quasi una ventina di nazionali. Proprio per questo la Coppa – con sole quattro partite da giocare per vincere quel trofeo che alla Roma manca da quasi 14 anni – è la scorciatoia migliore, per Mourinho per ribadire la propria essenza “Special”. E se a farne le spese dovrà essere l’Inter, il calcio gli ha già insegnato che il passato è terra straniera. O quasi.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini