Fabio Maresca è una delle stelle del firmamento arbitrale italiano: vomerese, 109 partite dirette in serie A, internazionale, la finale (perfetta) di Supercoppa a Riyad tra Milan e Inter che lo ha consacrato tra i big. Ma Maresca è anche presidente della Sezione arbitrale di Napoli. Dirigerà Roma-Juventus domenica sera:
(…) Le è mai capitato prima di dirigere una gara top in serie A di dover affrontare una questione da Presidente della sezione? «Io sono sempre il presidente, anche nei giorni in cui sono designato per una partita. Normale che mi avvertano se succede qualcosa che non va ai miei arbitri, in questi due anni mi è anche capitato che il giorno di una mia gara chiamassi qualcuno vittima di un’aggressione. Devo dire che la cosa non mi ha mai distratto direi anzi che essere il presidente mi ha aiutato molto anche nella mia maturazione come arbitro». (…)
Ora il lavoro degli arbitri con la tecnologia appare semplificato? «Trova? Non credo che semplificato sia il termine giusto. Io direi, diverso. Siamo gestori di cinque collaboratori, compresi quelli nella sala Var, abbiamo sempre la possibilità di correggere una decisione errata, è raro ormai che si possa inficiare con una nostra decisione il risultato finale di una partita. Poi, tutti noi tra andare al Var e sbagliare, preferiamo sempre andare al Var. È come avere una rete di protezione».
Si andrà verso la separazione delle due carriere, quelli al Var e gli arbitri in campo? «Per certi versi, la specializzazione del Var è già in corso. Ci stiamo rendendo conto che concentrarci e lavorare sullo strumento sia fondamentale, è evidente che il gruppo dei Var Pro stia funzionando».
E lei cosa preferisce? «Finché è possibile, sempre in pantaloncini e col fischietto in bocca in mezzo al campo». (…)
Quando vede gli arbitri di football americano spiegare la decisione al pubblico è invidioso o dice: meno male che a me non tocca farlo? «Mi affascina e non poco questa cosa. E potrebbe darsi che succederà prima o poi. Sarebbe importante essere in grado di comunicare con la terminologia più appropriata con i tifosi, usando il dettame regolamentare. Il calcio è uno spettacolo e avere un arbitro che dà spiegazioni potrebbe aumentare lo show. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».
C’è un linguaggio definito che usate al Var? «Sì, negli ultimi tempi ci siamo resi conto che spesso è proprio l’errata comunicazione audio alla base di un errore. Ragion per cui, stiamo cercando tutti di usare sempre le stesse frasi per aprire e chiudere un check, per avviare o fermare la comunicazione tra arbitro e Var. Insomma, abbiamo messo in piedi una check list di frasi che ci aiuta ad evitare ogni fraintendimento. Come nel linguaggio dei piloti degli aerei… Perché nel corso della vari fasi, magari concitate di una partita, ci sta che possano esserci delle incomprensioni. E mi pare che quest’anno siano molto ridotte».
A parte quelli di adesso… il miglior arbitro d’Italia? «Difficile sceglierne uno solo. La scuola italiana è ai vertici di tutte le organizzazioni. Pensi a Collina alla Fifa, Rosetti alla Uefa, Rizzoli tra le altre cose è membro del Technical Advisory Panel dell’Ifab. Questa la dice lunga sul nostro livello». (…)
Il fuorigioco è nato come principio di slealtà: ma che slealtà è avere una spalla o mezzo piede in fuorigioco? «Non è cambiato nulla nell’interpretazione della regola. Ciò che è cambiato grazie al SAO è la visione della virtualizzazione che viene mostrata allo spettatore che dimostra quanto millimetrico possa essere un fuorigioco sanzionato. Ma chi scrive le regole è sempre un passo avanti, pensa allo spettacolo».
E quindi? «Si sta sperimentando l’ipotesi opposta ovvero che un giocatore possa essere considerato in gioco se una sola parte del corpo è in linea con il penultimo difensore. Questo cambierebbe radicalmente tutto, lo stile del gioco, il modo di attaccare e di difendere. Nei tornei Under 18 si sta già sperimentando».
Insomma, con un piede l’attaccante sarebbe in gioco? Sembra una svolta epocale…. «Secondo me si va in questa direzione. Proprio perché l’obiettivo è rendere le partite più spettacolari, con un numero maggiore di reti».
Ma con tutta questa tecnologia gli arbitri cosa faranno? «La utilizzeranno sempre meglio. La figura carismatica in mezzo al campo resterà immutata e fondamentale. (…)
Sembra, ormai, che ogni fallo di mano, come vuole la Fifa, sia un calcio di rigore? «Non è vero, non è così. Non possiamo pretendere che i difensori giochino con le mani dietro la schiena, d’altro canto anche questa è una regola in continua evoluzione e non è facile muoversi dentro continui cambiamenti. Sappiamo bene che i calciatori hanno grande capacità di controllare il proprio corpo: quello che talvolta appare come fortuito, tanto fortuito non è. E l’obiettivo, difficile ma a cui tendiamo, è l’uniformità di giudizio».
FONTE: Il Mattino