Nella settimana del festival di SanDzeko è giusto che la Roma si interroghi sulle possibilità statistiche, senza escludere nulla. Nello sport, che si parli di eventi singoli come il Super Bowl citato da Spalletti o di rincorse a tappe, sono più frequenti di quanto si creda i ribaltoni improvvisi che sovvertono gerarchie apparentemente consolidate.
CARRELLATA – Nel ciclismo resta leggendaria la rimonta di Gino Bartali al Tour del 1948, quando in due tapponi alpini recuperò oltre 21 minuti al francese Bobet. Altrettanto esaltante il colpo di Kimi Raikkonen con la Ferrari nel 2007: a due gare dalla fine, con 20 punti disponibili, inseguiva a -17 Lewis Hamilton, eppure vinse il Mondiale di Formula 1. Dalle ruote alle barche: nella Coppa America di vela 2013 gli statunitensi di Oracle andarono sotto 8-1 nel conto delle regate ma poi vinsero 9-8 con una virata storica. Nel tennis capita spesso che il vincitore dei primi due set venga poi battuto al quinto: ne sa qualcosa Fognini, che di rincorsa ha appena sorpreso l’argentino Pella in Coppa Davis sotto gli occhi di Maradona.
SPOT – E a proposito del grande Diego. In Serie A si vide sorpassato dal Milan di Sacchi da campione d’Italia in carica, nel 1988, quando sembrava scontato il bis-scudetto: a cinque giornate dalla fine aveva 4 punti di vantaggio, che con i due per vittoria potrebbero essere equiparati ai 6 delle classifiche di oggi. In quel caso il Milan vinse lo scontro diretto al San Paolo, conquistando poi il titolo. Simile e per certi versi più rumoroso il sorpasso effettuato dalla Juventus nel 1973: non tanto e non solo per i 4 punti rosicchiati al Milan (e 2 alla Lazio) nelle ultime cinque partite, ma soprattutto per lo sprint dell’ultima giornata, con la Fatal Verona del Milan e la sconfitta della Lazio a Napoli che aprirono la strada allo scudetto juventino, certificato da una rimonta nella rimonta contro la Roma.
CHI DI RIMONTA FERISCE… – La Juve del resto è abituata a trovarsi coinvolta nelle vicende di vertice. Sempre negli Anni 70 pareva padrone del campionato 1975/76 con i 5 punti di vantaggio da gestire sui rivali cittadini del Torino nelle ultime dieci giornate: e invece, anche a causa di un derby perso a tavolino per il petardo che scoppiò accanto al portiere Castellini, la festa finale fu granata, sulle ali dei gemelli del gol Pulici-Graziani capaci di fornire alla squadra 36 gol complessivi in un torneo a 16 squadre.
TRE – Anche con le nuove regole, che incentivano le squadre a osare per incassare i tre punti, la Juventus è stata spesso protagonista nel bene e nel male. Nel 1999/2000 la Lazio, che a sua volta era stata beffata dal Milan l’anno prima dilapidando un patrimonio di 7 punti nelle ultime 7 giornate, era a distanza di sicurezza dal vertice a tre giornate dalla fine: -5 dalla Juventus di Ancelotti. Ma in quel momento la capolista si piantò: perse in casa del Verona di Cammarata, attaccante cresciuto tra i ragazzi juventini, vinse contro il Parma solo con l’assurdo regalo arbitrale di De Santis, che annullò il pareggio regolarissimo di Fabio Cannavaro a tempo scaduto, e poi affondò nella melma di Perugia (gol di Calori), mentre la Lazio aspettava in campo con i propri tifosi il fischio finale per cominciare i festeggiamenti. La stessa Juve però si sarebbe riabilitata con gli interessi solo due anni dopo, con il celebre scudetto del 5 maggio soffiato allo sfortunatissimo Cuper (presente l’Egitto in Coppa d’Africa?): in quella strana primavera Lippi recuperò 6 punti all’Inter e 3 alla Roma in sole cinque partite, completando il capolavoro all’ultima curva del campionato. E allora hanno ragione Allegri e Spalletti: c’è tempo perché cambi ancora tutto.