La deadline sul progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle è slittata a domani, ma siamo già al Titanic. Tanto che il presidente giallorosso James Pallotta, da Boston, ha rotto gli indugi e affidato ai social ufficiali del club la sua risposta a Beppe Grillo, che ha bocciato la zona perché a rischio idrogeologico: «Ci aspettiamo un risultato decisamente positivo dall’incontro in programma. Se non ci fosse un esito positivo sarebbe catastrofico per il futuro della Roma, per il calcio italiano, per la Capitale e per i futuri affari in Italia». Ogni parola è una pietra. Che colpisce i tifosi giallorossi che ora intravedono lo spettro della dismissione. Del resto il «catastrofico» di Pallotta è anche sul futuro della Roma, significa che il presidente è pronto ad andarsene dopo aver sperimentato l’impossibilità di investire. Catastrofico per il futuro del calcio italiano significa che da domani anche gli altri presidenti, soprattutto quelli stranieri, si faranno venire grandi dubbi sul futuro della serie A. Catastrofico per la Capitale significa che una città in recessione non può rinunciare a investimenti privati per un miliardo e 600 milioni, ma anche che i proponenti sono pronti a intentare una causa al Comune per un miliardo di euro. Catastrofico per i futuri affari in Italia significa che il caso-Pallotta – che in tempi diversi ha avvicinato alla Roma giganti come Nike, Espn, Disney e Starwood – farà la prima pagina dei giornali negli States e che non sarà una buona pubblicità per chi volesse investire nel nostro Paese.
Esiste un’alternativa a Tor di Valle? Non secondo i proponenti Eurnova, cioè Parnasi, e Stadio della Roma, cioè Pallotta: «Dopo 5 anni di lavori su un progetto in stato avanzato di approvazione nel rispetto di leggi, regolamenti e delibere, non è in alcun modo ipotizzabile un sito alternativo. L’area è sicura dal punto di vista idrogeologico e il progetto, con investimenti totalmente privati, va a sanare il rischio idrogeologico presente nel quartiere limitrofo di Decima, ben al di fuori del sito dove verrà progettato lo stadio e dove abitano oltre 10mila romani». Il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, ha rilanciato l’hashstag #famostostadio offrendo la sua disponibilità. Ma i legami economici tra Unicredit, Parnasi e la Roma – con l’istituto bancario che a suo tempo scelse Pallotta tra vari pretendenti alla successione della famiglia Sensi – sono fortissimi e rendono quasi impossibile un’altra soluzione.
Ma in questa partita di poker il Comune spizza un’ultima carta: il «progettino». L’avvocato Luca Lanzalone, infatti, lavora da giorni alla «revisione» della delibera Marino. Studia, cioè, un taglio consistente su cemento pubblico e privato con l’obiettivo di una riduzione dell’intero progetto che, dopo il siluro di Grillo, è destinato a cambiare comunque i connotati. Difficile che i proponenti accettino una super sforbiciata che elimina di fatto il rientro economico. Ma nel pomeriggio di caos l’opzione resta in piedi mentre Grillo incontra consiglieri e presidenti di municipio M5S. «Non capiscono che la fase dei meetup è finita come l’epoca dell’uno vale uno: ora le decisioni spettano ai portavoce», dice Paolo Mace, presidente del Municipio XVIII.