Una scalata lunga dieci anni, dai margini del panorama calcistico europeo ai vertici del ranking Uefa. La Roma inizia oggi il suo cammino internazionale, partendo per la prima volta nella propria storia come testa di serie: con 90.000 punti, ben saldi al quinto posto, i giallorossi sono i primi tra le squadre che parteciperanno alla nuova Europa League; la seconda squadra, il Manchester United, è attualmente quindicesima a 70.000. Un percorso incredibile, per continuità e crescita: all’inizio di un decennio che ha visto i giallorossi sempre presenti nelle competizioni Uefa, i giallorossi si presentavano partendo dalla 55esima posizione, con 26.000 punti.
Era il 17 settembre 2014, e la Roma di Rudi Garcia tornava a oltre tre anni di distanza dall’ultimo precedente (il preliminare perso di UEL contro lo Slovan Bratislava nell’estate 2011) in Europa dalla porta principale. Il 5-1 inflitto al CSKA Mosca e il pareggio contro il Manchester City all’Etihad fecero inizialmente sognare i tifosi giallorossi, chiamati poco dopo a guardare in faccia la realtà: una squadra ancora troppo piccola per fare la voce grossa in Europa, non tanto a livello di rosa quanto di mentalità; quasi vittima di se stessa, la Roma subì nei primi anni diverse (e talvolta rumorose, leggi Bayern) battute d’arresto, anche contro avversari inferiori sulla carta come la Fiorentina o il più modesto Bate Borisov.
E così, nonostante una rosa che andava di anno in anno rinforzandosi, con gli arrivi di giocatori quali Salah, Dzeko, Rudiger ad aggiungersi ai già presenti Totti, De Rossi e Nainggolan, nei primi tre anni la squadra si fermò sempre agli ottavi di finale, due dei quali da “retrocessi” in Europa League, totalizzando soltanto due vittorie in sedici partite di Champions League.
Il primo (enorme) sussulto arrivò nella stagione 2017-18, quando una Roma probabilmente al culmine del ciclo iniziato proprio quattro anni prima, sotto la guida di Di Francesco arrivò davanti a Chelsea e Atletico Madrid nel proprio girone e polverizzò il Barcellona di Messi e Iniesta, per poi cedere il passo in semifinale solamente al Liverpool di Klopp e dell’ex Salah. Una consapevolezza appena assaporata e un mercato estivo disastroso resero inizialmente quella cavalcata un fuoco di paglia, con i giallorossi eliminati nuovamente agli ottavi di finale negli anni seguenti, contro il Porto in Champions nel 2019 e contro il Siviglia nel 2020, questa volta in Europa League.
Di lì in poi la seconda competizione europea per club sarebbe diventata terreno di casa per i giallorossi, eliminati precocemente nelle precedenti due apparizioni del 2015 e del 2017 contro Fiorentina e Lione, e che invece arrivarono fino alle semifinali del 2021. La delusione per il pesante rovescio contro il Manchester United venne spazzato via dall’annuncio di José Mourinho come nuovo allenatore del club, e così, sotto la guida di chi in Europa aveva vinto tutto, apparve chiaro fin da subito che la neonata Conference League sarebbe diventata l’obiettivo principale.
Un percorso, quello della stagione 2021-22, che vide la Roma vicina a cadere nei soliti limiti che da sempre si era portata dietro in Europa (le due sconfitte contro il Bodo Glimt) ma brava poi ad andare oltre il proprio passato, fino alla finale vinta a Tirana contro il Feyenoord. Di lì in poi, una volta tornati in Europa League, i giallorossi non sarebbero più stati eliminati fino a maggio 2024, quando agli uomini di De Rossi riuscì solo parzialmente l’impresa in casa del Leverkusen. In mezzo, la sciagurata finale di Budapest.
La Roma riapre oggi la sua caccia al trofeo, forte di 117 gare europee giocate in questi dieci anni, di cui 66 in Europa League (55 vinte), vale a dire oltre un terzo (il 37.93%) delle partite giocate nella competizione in tutta la sua storia. Con la speranza che l’esperienza, un tempo punto debole, possa essere un fattore decisivo.
FONTE: Il Romanista – P. La Porta