«La prossima settimana, ai sensi delle normative vigenti sulla tutela del diritto d’autore, emetterò il decreto di vincolo sull’Ippodromo di Tor di Valle». La conferma è direttamente dell’architetto Federica Galloni, oggi alla guida della Direzione generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni Culturali. Non bastassero i problemi sui ponti, sul traffico, sulla metro, sull’archeologia, adesso sul percorso del progetto Stadio della Roma di Tor di Valle si abbatte questa nuova tegola. Che non è il vincolo architettonico il cui iter di apposizione era partito con Margherita Eichberg. Il «vincolo Eichberg» è stato, alla fine, bocciato e non apposto anche se, contro questa decisione presa lo scorso 15 giugno, Italia Nostra ha presentato ricorso alla Direzione generale del Mibact. Ricorso che, pur se i termini sono scaduti il 17 settembre scorso, giace ancora inevaso, «in attesa – come spiegano dal Ministero – che l’Ufficio Legislativo esprima il proprio parere».
Questo, il «vincolo d’autore Galloni», è un vincolo nuovo. Il cui iter preparatorio è già stato concluso e che, per giunta, si basa sulle norme che tutelano il diritto d’autore, e non la protezione di un bene concreto. In sostanza, qui verrà tutelato direttamente l’autore e non l’opera: con questo vincolo, nascono dei «diritti morali» a favore dell’autore o dei suoi eredi. Diritti morali che non hanno prescrizione, non vi si può rinunciare e sono non vendibili. Fra questi diritti riconosciuti dalla legge c’è il diritto dell’autore ad essere valutato e conosciuto per l’opera così come egli l’ha creata. E qualunque modifica può essere effettuata solo con il consenso dell’autore (o degli eredi). E già qui si apre il dubbio: l’Ippodromo di Lafuente non è originale ma è già stato modificato negli anni inserendo controsoffitti, ampliando i solai, inscatolando in strutture successive tribune e parterre. Per somma ironia della sorte, l’architetto Galloni che firmerà il decreto di apposizione del vincolo, è anche la stessa che, nel 2014, nella sua qualità di capo della Direzione Lazio del Ministero, appose la sua firma ai pareri delle soprintendenze statali all’archeologia e al paesaggio che non facevano alcuna menzione dell’Ippodromo, dando, quindi, il via libera a tutto l’iter.
Al momento, il lato proponenti – il costruttore Luca Parnasi e la As Roma – rimane in silenzio, in attesa di leggere le carte e decidere il da farsi. Il grigio limbo del Ministero dei Beni culturali avvolge ora con sempre maggior presa il progetto Stadio: da un lato, nel Governo, i ministri allo Sport, Luca Lotti, e alle Infrastrutture, Graziano DelRio (entrambi esponenti del Partito Democratico di strettissima «osservanza renziana»), lavorano sottotraccia per cercare di giungere a una soluzione di compromesso sul problema infrastrutture. Dall’altro, però, è la terza volta che il dicastero guidato da Dario Franceschini (anch’egli Partito democratico, non renziano, alla guida della «corrente» dei franceschiniani) si inserisce sul progetto Stadio con vincoli dall’incerta sostanza legale ma assai «buoni» per rallentare l’iter. E, magari, casualmente, gettare allo stesso tempo un’ombra di discredito sull’Amministrazione capitolina a guida 5stelle. Si torna in apnea, dunque: pubblicato il vincolo, bisognerà vedere la reazione della Roma, se presenterà (uno scontato) ricorso e attenderne l’esito. Per lunghe settimane. Con buona pace della Conferenza dei Servizi che, ora, avrà molto più tempo per decidere.