La normalizzazione politica. Lo sviluppo dell’art decò. L’esplosione della musica jazz. La crescita esponenziale delle nuove tecnologie. Una su tutti: il cinema sonoro. Che si lega inevitabilmente alle nuove tendenze musicali. Perché il primo film sonoro della storia è proprio Il cantante di jazz. Diretto da Alan Crosland e interpretato dal famosissimo Al Jolson. In realtà è per buona parte muto o comunque accompagnato da didascalie. Le parti parlate si riducono a poco più di un minuto, oltre a qualche altre frase monologica. Però contiene nove canzoni interamente cantate e musicate. Per il primo film interamente parlato non bisognerà comunque aspettare molto. Qualche mese dopo esce infatti Le luci di New York, per la regia di Bryan Foy. Che stando soltanto al titolo sembrerebbe la pellicola del tutto meno bisognosa di ulteriori parole. In realtà la trama non è così carica di poesia.
Tutto questo e tanto altro sono stati i Roaring Twenties, “i ruggenti anni ‘20”. Finchè il crollo di Wall Street del 1929 non ne decretò la fragorosa caduta. Tanto altro come ad esempio le suffragette. O le flapper, la loro versione nel mondo anglossassone. O le garconne francesi. O le maschiette italiane. In pochissime parole il protofemminismo, l’evoluzione della femminilità che come fine aveva fondamentalmente l’estensione del diritto di voto alle donne. Ma ci voleva arrivare attraverso l’accrescimento della considerazione generale nei loro confronti. Come magistralmente raccontato da Sarah Gavron in Suffragette, che in maniera piuttosto illuminata si avvalse dell’interpretazione di Meryl Streep per dare risalto alla figura di Emmeline Pankhurst, femminista inglese definita dal Time (circa 150 anni dopo la sua nascita) come colei che “ha modellato un’idea di donna per il nostro tempo”.
Ogni periodo straordinario dell’umanità passa attraverso esistenze straordinarie. Infatti la prima flapper in assoluto pare essere stata Zelda Sayre. Nativa dell’Alabama, ha un nome preso da due piccole fiabe dell’epoca (e che diventerà quello di una famosissima serie di videogiochi high fantasy, l’autore Shigeru Miyamoto ha ammesso di averlo chiamato The legend of Zelda in suo onore) e un cognome che a Montgomery era di una certa rilevanza. Ma non sarà con quello che lei entrerà nella storia. Bensì con quello del marito, il leggendario Francis Scott Fitzgerald. Colui che più di chiunque altro seppe raccontare i Roaring Twenties, in quello che è probabilmente il punto più alto della sua produzione, ovvero Il grande Gatsby.
Quando nel 1922 esce il romanzo Belli e dannati del marito, lei viene intervistata dal New York Herald Tribune per rilasciarne un parere. Lo fa in maniera abbastanza provocatoria, oscillando tra il finto risentimento per una presunta privacy violata e uno spudorato spot promozionale sia per il libro che per il movimento che lei sostiene. Sull’onda di quell’intervista, il Metropolitan Magazine la invita a scrivere un approfondimento sulle flapper. Si chiama Eulogy on the flapper, e uno dei passaggi fondamentali dice testualmente così: “She refused to be bored chiefly because she wasn’t boring”. Ovvero: “Lei rifiutava di annoiarsi principalmente perché non era noiosa”.
Tanti anni dopo, un musicista inglese di discreto successo rimane affascinato proprio da questa frase. Anche perché ci si rivede un po’. Dato che il suo gruppo, i Pet Shop Boys, è stato (a mio avviso abbastanza ingiustamente) incolpato in alcune recensioni uscite in Giappone proprio di essere noioso. Neil Tennant però non se la prende troppo e per tutta risposta, sulla frase di Zelda Fitzgerald, costruisce la loro Being boring. Che è una delle canzoni più vendute e ascoltate l’ultima volta che la serie A scese in campo il 30 dicembre, nonchè uno dei singoli estratti dall’album Behaviour. Che venne a sua volta pesantemente bistrattato dalla critica, colpevole di avere un suono troppo maturo rispetto al passato.
Ma, proprio come le opere di Zelda Fitzgerald, sarà rivalutato con il passare degli anni. D’altronde non potrebbe essere altrimenti per un lavoro che a detta dei protagonisti prende ispirazione dai Depeche Mode e dal loro album Violator. Era il 1990. Mentre addirittura si sfidavano le prime quattro in classifica, con il Milan che batteva 2-0 la Juventus e la Sampdoria che si imponeva 3-1 sull’Inter, la Roma andava sotto di due reti a Bergamo. La stessa cosa che è successa sabato, a campi invertiti. Ma allora rimontava con l’autogol di Bigliardi e Giannini, nonostante l’inferiorità numerica per l’espulsione di Aldair. Stavolta no, nonostante la superiorità numerica scaturita dal doppio giallo a De Roon.
E’ vero, il 30 dicembre è stato il Sassuolo (che nella stagione 1990/91 era nel girone C dell’Interregionale) a fare un figurone all’Olimpico. Ma questo doppio turno interno da cui abbiamo ricavato un punto non fa grosse differenze tra una partita e l’altra. Being boring. Essere noiosi. Non come questa sosta del campionato che è appena cominciata (la peggiore di tutte quelle che abbiamo visto, il niente assoluto, l’evoluzione del dissenso) ma quasi. Poche idee, gestite e messe in pratica con una lentezza disarmante. Giocatori fuori posto e fuori condizione. Due prestazioni incolori. Le prime da un po’ a questa parte, non credete a chi vi racconta che da un mese e mezzo la Roma gioca male. Non è così. C’è stato un calo di risultati e a seguire quello delle prestazioni. Basteranno la sosta e il mercato?