Ci si sono messi in due, Stefano Fassina, economista e capofila di Sinistra Italiana in Campidoglio, e Cristina Grancio, la “pasionaria” dell’urbanistica 5Stelle, strenua sostenitrice del «no» al progetto Stadio della Roma di Tor di Valle. E in due hanno confezionato un’interrogazione al sindaco, Virginia Raggi, sullo Stadio della Roma. Un’interrogazione con la quale si chiede di sapere: «Se la delibera 132/2014 e la successiva 32/2017 – la prima è quella Marino/Caudo sul pubblico interesse all’opera, la seconda è quella, sempre sul pubblico interesse, targata Raggi/Montuori – siano non legittime in quanto tese a favorire un soggetto privato, As Roma Spv Llc, società di cartolarizzazione del credito, in luogo della società sportiva, unico soggetto legittimato a beneficiare della procedura amministrativa semplificata». Peccato che la norma, la legge 147/2013, parli di «soggetto che intende realizzare l’intervento» che deve essere corredato di un «accordo con una o più associazioni o società sportive utilizzatrici in via prevalente». E, ancora: Fassina e Grancio chiedono «se l’amministrazione capitolina ha compiuto le verifiche idonee atte ad accertare la solidità finanziaria della Eurnova», un atto non di competenza del Comune, «e se la suddetta società ha corrisposto i pagamenti pattuiti con la Sai Spa, società venditrice fallita», altro atto su cui il giudice fallimentare che segue la vicenda non ha ritenuto di intervenire e che comunque non rientra nelle incombenze del Campidoglio.
Non bastasse, i due proseguono: «Qualora il debitore non restituisse il suo prestito, quali garanzie avrebbero gli investitori e i cittadini di Roma», chiedono Fassina e la Grancio, evidentemente non perfettamente consapevoli delle norme che regolano il rilascio da parte del Comune dei permessi a costruire. Poi, la ciliegina: Fassina e la Grancio chiedono alla Raggi «se è da considerarsi un iter procedurale legittimo che una variante generale del Prg venga “adottata” da un organo tecnico collegiale quale la Conferenza dei servizi esautorando l’Assemblea capitolina da un dibattito e da un compito che le norme di legge le hanno destinato di diritto». Evidentemente non deve essere chiara ai due la funzione di una legge nazionale. Da ultimo, forse l’unico punto sensato: è «legittimo» pubblicare il progetto senza passare prima in Assemblea con la variante? Stesso quesito che agita i sonni dei funzionari dell’Assessorato comunale all’Urbanistica.