Fortitudo e Alba erano le uniche in A. Presidente della prima, Italo Foschi studiava una fusione a due. La Lazio voleva unirsi accollando agli altri tutti i suoi debiti.
«Si discute tanto su una data, ma non si dà abbastanza valore a quello che ha fatto Italo Foschi». Così si è espresso Riccardo Zingarelli, pronipote di Foschi, nel documentario “Papà Roma”, dedicato a colui che ha dato forma a un’idea eterna: nome, colori e simbolo di Roma. Un percorso lungo e non sempre semplice, che ebbe un momento chiave proprio tra il 6 e il 7 giugno 1927. Si racconta che in quei momenti la Lazio scelse di rimanere fuori dalla società che stava nascendo e che sia stato il generale Vaccaro a comunicarlo a Italo Foschi, rispondendo in vece del presidente Varini alla convocazione che lo stesso Foschi avrebbe fatto in qualità di segretario federale della città di Roma. La sequenza dei fatti però dice altro, come ha ben documentato Massimo Izzi dopo anni di ricerche. La prima cosa da dire è che Italo Foschi non era più Federale dal 16 dicembre 1926 e quindi in tale veste non poteva convocare nessuno. Anzi, non aveva incarichi politici e si occupava solo di sport, sua grande passione da sempre, perseguendo il sogno di dare alla città una squadra che ne portasse il nome, i colori e il simbolo.
Naturalmente doveva essere una squadra forte e così Foschi puntava sulla Fortitudo, di cui era presidente, e Alba, cioè le uniche due squadre romane presenti nella massima serie. Nella primavera del 1927 aveva anche organizzato una prima amichevole tra loro, e poi una seconda, tra una selezione mista delle due squadre, che sfidò il Lugano. Se c’era stato qualche approccio con la Lazio, che stava lottando per tornare nella massima serie, lo si può far risalire al mese di maggio. Una traccia ce la fornisce Il Messaggero, che il 22 maggio scrive di una futura fusione tra Lazio e Fortitudo. Un qualcosa di molto diverso da ciò per cui stava lavorando Foschi, che però doveva trattare la materia “biancoceleste” in modo molto delicato, trattandosi di una società decisamente organica ai quadri del regime. La Lazio aveva nominato vicepresidente Giorgio Vaccaro, rappresentante principale della milizia romana, proprio per volgere le cose a proprio favore. Ciò emerge chiaramente dal verbale della riunione della sera del 6 giugno 1927 nella sede biancoceleste in Via Tacito e pubblicato su Il Tevere l’11 giugno 1927. È quella sera che tutte le carte vengono messe sul tavolo.
Questione di soldi Il problema è soprattutto economico. Vaccaro, che firma di suo pugno il verbale, chiede che la nuova società si chiami Lazio-Fortitudo e che si prenda carico per intero dei debiti della Lazio e solo del 50% di quelli di Fortitudo-Pro Roma e Alba-Audace. Si premura anche di far scrivere che l’Onorevole Ulisse Igliori, presidente dell’Alba-Audace, è favorevole alla fusione alle stesse condizioni che si stabiliranno con la Fortitudo-Pro Roma. Quell’accordo, però, Igliori l’ha preso da tempo con Foschi e non certo nei termini proposti dal console della milizia. Non a caso, infatti, né Igliori né Foschi si prendono la briga di partecipare alla riunione e danno mandato ai loro rappresentanti di abbandonarla. «I rappresentanti della Fortitudo ritengono inutile ogni altra trattativa. La seduta viene pertanto tolta alle 23». Così si chiude il verbale.
La polemica a distanza Resta aperto il problema finanziario. Italo Foschi, però, una volta accertato, la mattina del 7 giugno nella sua abitazione in Via Forlì 16 che le cose sono andate come auspicato, può calare l’asso che nasconde nella manica da qualche mese: il Roman Football Club. Non è certo una squadra forte, infatti ha partecipato al girone D della serie cadetta (insieme alla Lazio) finendo all’ultimo posto, ma ha due tessere indispensabili per comporre definitivamente il puzzle: le maglie con i colori di Roma e soci molto ricchi che si dicono pronti a fornire le necessarie coperture finanziarie. Logico pensare che un accordo del genere, che coinvolgeva esponenti importanti di Roma a livello finanziario, non si trovi in una notte e che sia stata proprio questa la carta decisiva, mantenuta opportunamente coperta da Foschi per tenere fuori dalla nuova società la Lazio. Esistono due testimonianze dirette della riunione del 7 giugno in Via Forlì con Foschi e i rappresentanti di Alba, Fortitudo e Roman: quella di Vittorugo Foschi jr, nipote di Italo Foschi (pubblicata su Rosso& giallo) e quella di Vittorio Zingarelli, nipote diretto di Italo Foschi (pubblicata su Il Romanista). Spiegò in ogni caso tutto lo stesso Foschi in un articolo scritto di suo pugno su Il Tevere del 14 giugno 1927, nell’ambito di una polemica a mezzo stampa tra lui e Vaccaro. Oltre a fare tutte le precisazioni del caso sul «no» a Vaccaro, spiega anche che «il comunicato della fusione Fortitudo-Alba-Roman venne dato alla stampa in seguito a una riunione dei rappresentanti delle tre società tenutasi la sera del giorno successivo». Vaccaro si premurò di rispondere sempre su Il Tevere sottolineando come «la richiesta di trattative di fusioni fatte da Foschi, rimane senza conclusione non per volontà della Lazio». Lo dice lui, il generale Vaccaro, console della milizia: è stato Foschi a tenere fuori la Lazio.
Una scelta coraggiosa, come dimostra ciò che accadde nelle ore successive: il 7 giugno tutti i giornali vengono informati dell’avvenuta fusione tra Alba-Audace, Fortitudo-Pro Roma e Roman quindi della nascita della Roma. Si trattò di una sorta di comunicato stampa ed è probabile che per poter contattare tutte le redazione i nostri padri fondatori si fossero spostati in Via Uffici del Vicario 35, presso la sede del Roman. È Alberto Marchesi, giornalista ed ex giocatore del Roman, a raccontare sul Corriere dello Sport dell’8 giugno 1977, in occasione dei 50 anni dalla nascita della Roma, la trepidazione con cui attese Italo Foschi la sera del 7 giugno 1927 proprio in Via Uffici del Vicario e l’emozione con cui lo stesso Foschi gli disse che, sì, era nata la Roma. Le notizie pubblicate sui giornali dell’8 giugno sono praticamente le stesse da parte di tutti i giornali. Anche per questo è lecito pensare che ad avvertire le redazioni sia stato un vero e proprio comunicato stampa. Comprese quelle sul presidente, che sarà Italo Foschi, sulla sede, che sarà quella del Roman in Via degli Uffici del Vicario 35, e sul campo di gioco, inizialmente il Motovelodromo Appio e poi Campo Testaccio.
La questione campo Altro dato da non sottovalutare: si racconta che Foschi volesse inglobare la Lazio perché aveva il campo della Rondinella, il migliore. Difficile credere a entrambe le cose. Da un lato basta ricordare che in realtà la Lazio stava provando ad abbandonare la Rondinella per prendersi il campo Due Pini, dove giocava il Roman, dall’altro va detto che il progetto di Campo Testaccio era stato presentato da Italo Foschi già nell’aprile del 1927, quando era ancora presidente della Fortitudo (il primo impulso venne proprio dal suo predecessore, il marchese Sacchetti). Nell’attesa della sua costruzione il motovelodromo Appio, dove giocava l’Alba, garantiva una sistemazione più che degna per la Roma. Che avrebbe comunque colorato di giallorosso il campo della Rondinella più volte, soprattutto l’8 dicembre 1929, giorno della prima sfida contro i biancocelesti: Lazio-Roma 0-1, gol di Volk. Con stragrande maggioranza di tifosi romanisti sugli spalti.
L’ultimo timore La prima vittoria in realtà era avvenuta il 7 giugno 1927 quando, per via degli eventi già raccontati, c’era la necessità di annunciare al più presto la nascita della Roma. Foschi, infatti, temeva qualche colpo di mano da parte della Lazio e il fatto che i suoi timori non fossero infondati è tutto sommato certificato anche dalla lettera con cui il giorno dopo, l’8 giugno 1927, la Lazio inviò una lettera a Benito Mussolini offrendo la tessera di socio vitalizio. Il duce accettò e il 25 luglio 1927 la sua nomina sarà ratificata dall’assemblea generale biancoceleste. Anche per questo ha ragione Riccardo Zingarelli quando dice che «si discute tanto su una data di nascita, ma non si dà abbastanza valore a quello che ha fatto Italo Foschi: ha resistito al diktat del generale Vaccaro. Questa è una cosa che vale tantissimo». Tutto sommato, si può dire che la Roma, essendo nata tenendo lontana la Lazio, è nata da un derby vinto.