37 nazioni differenti, Italia esclusa, su 196 paesi sovrani dell’emisfero. 37 calciatori andati a segno per primi in rappresentanza dei loro paesi. Quattro continenti coinvolti, tranne l’Oceania. Dietro la giocata di Cengiz Ünder a Verona contro l’Hellas non ci sono stati solo i tre punti e una vittoria che mancava dal 16 dicembre. La rete del fantasista numero 17 è stata la prima di un calciatore turco nella storia della Roma. Non ci era riuscito il connazionale Salih Ucan in precedenza nelle 10 apparizioni totalizzate. E non ci provò nemmeno Nesat Gulunoglu, che in giallorosso non giocò un minuto ufficiale tra il 1999 e il 2000.
La stampa turca ha definito Cengiz “il nuovo imperatore di Roma”. Di Francesco lo ha ribattezzato “Cengo”. E qualche tifoso già intona un coro ad hoc sulle note di “Thunder” di Imagine Dragons. Tornando indietro nei quasi novantuno anni di storia del club, il primo gol straniero del corso romanista – tra campionato e coppe – fu di marca argentina e portò la firma di Arturo Chini Luduena l’11 dicembre 1927, in Inter-Roma 3-3. Era la prima stagione della Roma nella Massima Divisione. Lui, predecessore di Pedro Manfredini, Abel Balbo, Gabriel Omar Batistuta, Walter Samuel e tutti i 36 “albicelesti” transitati da queste parti. Argentina, America Meridionale.
Un’area geografica che ha donato numerosi calciatori al club. Dal Brasile, soprattutto, ne sono arrivati 42. Paulo Roberto Falcao, Toninho Cerezo, Marcos Cafu, Aldair, Antonio Carlos Zago e compagnia. Tutti fuoriclasse, oltre che titolati campioni. Ma il numero uno fu Dino Da Costa, arrivato nella Capitale nel 1955. Eroe in tante partite, ma in particolar modo nei derby dove è tuttora il recordman per reti realizzate. Poi, Uruguay. Alcides Ghiggia. Nome e cognome da campione del mondo. Otto anni con questa maglia, 213 presenze totalizzate. Un totem assoluto di questo sport. David Pizarro, Juan Manuel Iturbe e Victor Benitez sono stati i portabandiera di Cile, Paraguay e Perù. Ad oggi, sono anche gli unici ad aver messo il loro nome nel tabellino dei marcatori con questa maglia per la loro nazione. Qualche migliaio di chilometri più a nord dell’America Latina ci sono gli Stati Uniti. Michael Bradley. Nato a Princeton (New Jersey), trovò il gol contro l’Atalanta nell’ottobre 2012, in una partita iniziata alle 12.30. Unico statunitense a rete con la Roma.
Era il giorno della cerimonia Hall of Fame. Prima della gara, a metà campo si schierarono Franco Tancredi in porta, Cafu, Giacomo Losi, Aldair e Rocca in difesa, Fulvio Bernardini, Agostino Di Bartolomei e Falcao a centrocampo, Bruno Conti, Roberto Pruzzo e Amedeo Amadei in avanti. Tutti presenti, tranne chi non poteva esserlo per ovvie ragioni. Anche in Europa i gol sono arrivati da posti diversi. E da tutte le epoche. Albania, Austria, Belgio, Bosnia, Danimarca, Francia, Galles, Germania, Grecia, ex Jugoslavia, Montenegro, Norvegia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Serbia, Spagna, Svezia e Ungheria. Quasi tutto il “Vecchio Continente” con poche eccezioni. Dall’albanese Naim Krieziu al belga Radja Nainggolan passando per Florian Radu (romeno, solo omonimo dell’altro ex Dinamo Bucarest) e Patrik Shick. L’attaccante ceco è il solo marcatore della vecchia Cecoslovacchia (lo Slovacco Norbert Gyomber non ha mai trovato la soddisfazione personale).
A proposito di territori divisi da vicissitudini politiche, il primo jugoslavo a timbrare fu Aleksandar Arangelovich. Successivamente alla scissione dei primi Anni 90, hanno fatto cronaca il montenegrino Mirko Vucinic, il serbo Adem Ljajic, il bosniaco Miralem Pjanic. Quanto all’ex URSS, nessun elemento fu portato a Roma nel periodo del regime comunista. Mera casualità. Nel 1998, in seguito alla divisione delle zone sovietiche, Dmitri Alenitchev si distingue come marcatore russo di questa società. Tre potenze come Francia, Germania e Spagna – non solo dal punto di vista economico, ma anche calcistico – hanno avuto da apripista Vincent Candela, Jurgen Schutz e Joaquin Peirò. Esistono, inoltre, i casi di piccoli paesi, ma di grandi calciatori. Metti tre mostri sacri come Zibì Boniek, John Charles e Herbert Prohaska. Rispettivamente originari di Polonia, Galles e Austria. Pure gli unici romanisti della loro nazione ad aver trovato gloria almeno con una rete. Da menzionare pure Helge Bronée, John Carew, Traianos Dellas, Stig Sundqvist e Gyula Zsengeller: “from” Danimarca, Norvegia, Grecia, Svezia e Ungheria.
Oltre a Cengiz, Nainggolan e Schick, un altro “contemporaneo” nella rosa di Di Francesco ad avere questo particolare primato è Kevin Strootman. Non ci sono altri olandesi ad aver segnato con la Roma. Sotto l’Europa c’è l’Africa. Altro continente immenso per cultura e tradizioni. La Roma ha avuto esponenti di vari paesi soprattutto nell’ultimo ventennio, da quando il movimento ha mostrato progressi a livelli professionistici e proposto top player tipo Didier Drogba o Samuel Eto’o.
Il primo africano della Roma ad andare in gol fu Shabani Nonda (Congo) nel 2005 in Reggina-Roma 0-3, poi a cascata si sono succeduti – in ordine cronologico – Samuel Kuffour per il Ghana, Houssein Kharja per il Marocco, Gervinho per la Costa D’Avorio, Seydou Keita per il Mali, Mohamed Salah per l’Egitto, Umar Sadiq per la Nigeria. Salah resta l’africano più prolifico con 34 reti in 83 partite. Più a est del globo terracqueo c’è l’Oriente. Il Giappone, in particolare, dove nasce il sole. Lì, nel 1977, nacque Hidetoshi Nakata. Contribuì al terzo scudetto giallorosso nel 2001 con un gol fondamentale a Torino contro la Juventus. Ma “Hide” il gol giapponese con la Roma lo aveva già trovato un anno prima a Perugia, proprio contro la squadra di provenienza. Da nord a sud, da est a ovest: da 37 nazioni differenti. Gol senza frontiere.