Per quanti non ne fossero a conoscenza, il rapporto tra Roma e Lione ha radici molto più profonde di quelle rinsaldate in quella magica notte. Per esempio, a Lione nacque nel 188 Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto. Nacque più precisamente a Lugdunum, dove Lucio Munazio Planco (governatore della Gallia Comata, che stando alla nomenclatura dell’età antica era la zona che oggi è compresa nei confini geopolitici della Francia) fondò la Colonia Copia Felix Muntaia Lugdunum.
Suo padre era Lucio Settimio Severo, che non era stato un Imperatore qualunque. Ma il primo a introdurre il “dominato”: una forma di governo successiva al principato, caratterizzata da tratti che la avvicinavano molto al dispotismo. Rendendo di fatto decisamente più debole l’eventuale opposizione delle antiche istituzioni della Repubblica Romana. Sua madre era invece Giulia Domna, figlia di un sacerdote della divinità siriaca El-Gabal. Che si intersecò con la storia romana quando un altro sacerdote divenne Imperatore con il nome di Eliogabalo, ed El-Gabal venne importato nel pantheon e assimilato alla divinità solare romana Sol Indiges.
Giulia Domna è ricordata per aver raggiunto un’importanza e un potere politico mai ottenuto da nessuna delle sue predecessore. Nel pieno rispetto del mos romano, da sempre restio ad affidare incarichi ufficiali alle figure femminili, ebbe comunque questa centralità nascosta sia nel periodo in cui era Imperatore il marito, sia in quello in cui lo era il figlio. Parecchio disinteressato agli affari di stato. Molto più interessato alla politica estera, per quanto spesso criticato per le sue decisioni. Ancora più interessato invece alla costruzione di grandi opere.
Una su tutte. Secondo una ricostruzione non confermata, sarebbe stato il padre a cominciarne i lavori. Ma fu lui ad inaugurarle e di conseguenza fare in modo che portassero il nome (che derivava da un particolare mantello che era solito portare) con cui la storia l’avrebbe identificato: le Terme di Caracalla. Le più imponenti dell’Impero Romano, almeno fino alla realizzazione delle Terme di Diocleziano. Anche se, circa 200 anni dopo l’apertura di queste ultime, il funzionario e scrittore Polemio Silvio citerà proprio le Terme di Caracalla come una delle sette meraviglie di Roma.
L’attenzione alle grandi opere in questa città non è andata perduta. La costruzione del nuovo stadio della Roma è stretta attualità anche negli otto giorni che rischiano di aver segnato inevitabilmente questa stagione. Di cui è stato protagonista a metà Clement Grenier. A metà se prendiamo in considerazione l’aspetto temporale. Molto meno se ci concentriamo sul minutaggio. Solo alcuni spezzoni per il centrocampista che invece, titolare domenica sera sul campo del Palermo, è stato autore di un’ottima prova. Senza contare l’assist a El Shaarawy per il gol che ha sbloccato la partita. Proprio loro e Mario Rui sono state le pedine in grado di far rifiatare alcuni titolari e dare nuova linfa a una squadra che era sembrata a corto di fiato e conseguentemente di idee.
Anche Grenier viene da Lione. Ma non ha nessuna intenzione di vedere quegli otto giorni prendere il sopravvento su un’annata che invece si stava rivelando parecchio positiva. Anche lui sa che i suoi ex compagni sono un’ottima squadra che sta anche attraversando un buonissimo momento. Anche lui sa che non sarà facile rimontare il 4-2 subito all’andata. Ma anche lui sa che finchè la condizione ha tenuto, la partita del nuovissimo Parc Olympique Lyonnais è stata in grande equilibrio.
Perché evidentemente non solo a Roma amano le grandi opere. Ma in quella Roma lo erano talmente tanto che nel tempo sono riuscite a prestarsi a usi diversi dagli originali e per certi versi impensabili. Basti pensare che furono sufficienti alcuni elementi provvisori, obbligatoriamente distanziati dalle antiche mura in base ad un preciso vincolo della Sovraintendenza ai Monumenti, perché le Terme di Caracalla ospitassero addirittura alcune gare delle Olimpiadi 1960.
Più precisamente furono destinate alla ginnastica. Lì l’URSS ha consolidato il proprio dominio nel medagliere, in particolare grazie a Larisa Latynina. Nata in quella che oggi è l’Ucraina, ballerina classica mancata, si è sempre detta molto affascinata da quella location ma senza averla sofferta minimamente. Infatti porta la squadra sovietica all’oro nella competizione a squadre. In più: oro nell’individuale e nel corpo libero, argento alle parallele e alla trave, bronzo nel volteggio.
Ha una carriera professionistica straordinariamente lunga, in contrasto con le leggi non scritte di una disciplina che ha un ricambio di campionesse piuttosto veloce. Aveva esordito proprio a Roma, ai Mondiali di ginnastica artistica del 1954. Lascia dopo i Mondiali di Dortmund del 1966 e diventa allenatrice di alcune delle ginnaste russe più vincenti dei primi anni ’70, come Lyubov Burda ed Elvira Saadi. Infatti non è per niente casuale che ancora oggi sia la detentrice femminile del record di medaglie olimpiche, che sono 18 distribuite nelle tre Olimpiadi disputate.
Perché il rapporto tra Roma e Lione ha radici molto più profonde di quelle rinsaldate in quella magica notte. Prima che il Lione costruisse il suo stadio di proprietà, quando si giocava ancora allo Stade Gerland. E’ lì che hanno vinto 7 scudetti consecutivi, 6 Supercoppe di Francia consecutive e una Coppa di Francia. Perché possono cambiare le strutture, essere migliorate o rendere di più sotto diversi aspetti, ma quello che fa la differenza nello sport sono sempre e comunque i trofei. Sono quelli ad aver portato nella storia Larisa Latynina e il Lione. Indipendentemente da dove siano stati conseguiti. Dove. A voi farebbe molta differenza?