“Respublica superiorem non reconoscens”, ma i tempi dell’enunciazione di totale sovranità erano decisamente lontani. Il Mar Mediterrano l’aveva vista diventare uno dei suoi elementi centrali, tanto da riservarle appellativi come “Superba” e “Dominante”. Il forte carattere mercantile, però, stava ormai lasciando il passo all’industria. E il centro storico si stava già allargando all’acquisizione nel circondario cittadino di Bisagno e Polcevera, che sono le due valli laterali. In poche parole, la Repubblica Marinara di Genova stava diventando la Grande Genova.
Durante questo periodo di transizione, il 22 gennaio 1911 (ricorrenza di oggi) veniva inaugurato il Campo di Via del Piano. La partita è Genoa-Inter, e l’impianto non è ancora lo Stadio Luigi Ferraris. Perché la ristrutturazione che gli ha dato sembianze inglesi avverrà solo in prossimità dei Mondiali di Italia ’90. E perché ancora non è stato intitolato allo storico capitano rossoblù. Di ruolo mediano, di professione ingegnere. Alle Officine Elettriche Genovesi prima e alla Pirelli poi. Caduto durante la Prima Guerra Mondiale, dove andò da volontario e raggiunse il grado di tenente.
Lui che partecipò anche, nel 1907, alla partita inaugurale del Campo Sportivo di San Gottardo, dove il Genoa giocava prima di trasferirsi al Campo di Via del Piano. Quella partita i rossoblù la giocarono contro l’equipaggio della Canopic. Una nave passeggeri inglese con una capienza di 1300 persone, che solitamente partiva da Liverpool verso Boston o Montreal, ma che ebbe anche funzioni belliche e un operato nel Mediterraneo durato più di 13 anni. La Canopic infatti l’anno dopo attraccò al porto di quello che era, dietro soltanto a Napoli, il secondo polo commerciale e industriale più importante dell’Italia del sud: Torre Annunziata.
I marinai inglesi portarono il calcio anche lì, e poco tempo dopo un gruppo di industriali legati a molini e pastifici creò la società cittadina: il Savoia. Ci sono tre ipotesi, nessuna delle quali è particolarmente accreditata, sulla scelta del nome. La prima si rifà al classico incitamento dei soldati sabaudi. La seconda a un omaggio alla famiglia regnante. La terza al luogo dove venne fondata la società, il cinema-teatro Savoia. Quanto alla scelta del colore sociale, c’è la nitida certezza che il bianco fu un omaggio al motivo principale della florida economia torrese di quegli anni, cioè la farina. Diventeranno una realtà molto importante di quel periodo. Si giocarono persino una finale scudetto (persa, in quanto era difficile fare altro) proprio contro il Genoa.
Invitato alla festa è il Crotone, che non ha intenzione di mollare niente e porta via un pareggio dal Ferraris. Che tutti spesso chiamiamo Marassi, ma erroneamente. Non è, e non è mai stato, un nome ufficiale. Ma semplicemente quello del quartiere in cui si trova. E che oltretutto ne denota l’origine paludosa. Dal 1946 gioca lì anche la Sampdoria. Che nella sua storia è stata anche molto più forte e determinata di quella che si è presentata all’Olimpico negli ottavi di Coppa Italia. Già la Roma non era dell’idea di fare sconti. Solo il palo iniziale di Muriel poteva cambiare le cose, perché poi è stato un monologo che ha portato al 4-0 finale.
Il 22 gennaio è però anche una data di avvenimenti politici di una certa rilevanza. Nel 1944 per esempio, in piena Seconda Guerra Mondiale, ha inizio un’operazione militare anfibia messa in atto dagli inglesi e dagli americani. Porta a una battaglia di posizione che durerà alcuni mesi e che non raggiungerà i risultati prefissati. E’ nota come Operazione Shingle, ma è più conosciuta come lo Sbarco di Anzio. Nel 1963, invece, Charles De Gaulle e Konrad Adenauer firmano il Trattato dell’Eliseo. Un accordo di collaborazione tra Francia e Germania in settori ritenuti decisivi per ogni tipo di sviluppo che possa riguardare entrambi i paesi. Gettando ulteriori e significative basi per quella che sarà la Comunità Europea.
Il nostro non è comunque l’unico continente interessato. Fu un giorno particolare anche nella Repubblica Democratica del Congo. Che però, in quegli anni, aveva la denominazione voluta dal Presidente di allora. Formazione militare, infatti diventa Capo dell’Esercito prima di salire al potere con un doppio colpo di stato. Ha l’appoggio di grandi potenze come USA e Belgio, cosa non difficile se la terra in questione è una grande produttrice di oro, diamanti e smeraldi. Lui stesso accumula ingenti ricchezze personali mentre il debito pubblico aumenta (ha addirittura uno yacht presidenziale ancorato al largo della capitale) ed è appassionato di grandi eventi.
E’ proprio cercando l’occasione giusta per celebrare in maniera internazionale il nuovo stato che deciderà di sponsorizzare The rumble in the jungle, 30 ottobre 1974, probabilmente il più famoso incontro di boxe della storia: Muhammad Ali contro George Foreman. Che proprio il 22 gennaio dell’anno precedente aveva interrotto l’imbattibilità di Joe Frazier. In palio c’è il titolo mondiale dei pesi massimi. Vinse Ali per KO all’ottavo round. Qualche mese prima, la Nazionale di calcio aveva anche partecipato ai Mondiali in Germania. Uscendo però al girone eliminatorio, dopo aver subito 14 gol da Scozia, Jugoslavia e Brasile, senza segnarne nessuno. E’ soltanto un cenno storico, non è per niente l’immagine di un paese che funziona.
Ma come si chiama questo paese? Perché il nuovo Presidente, oltre ad avere instaurato un regime autoritario a partito unico, è fermamente deciso a proclamare il ritorno alle proprie origini. Una vera e propria decolonizzazione culturale. Così la capitale Leopoldville diventa Kinshasa, e la Repubblica Democratica del Congo diventa lo Zaire. Anche lui cambia il suo nome, che diventa Mobutu Sese Seko, quello con cui è identificato come uno dei protagonisti della storia mondiale di quel periodo. In cui però dovrà cambiare anche idea rispetto all’assetto politico, dovendo accettare un parlamento multipartitico. La situazione è insostenibile e sono iniziate le prime rivolte popolari. E’ una data importante perché quel giorno, nel 1992, le forze ribelli occuparono la radio nazionale. Trasmettendo la richiesta di dimissioni del governo.
Questo 22 gennaio, invece, non passerà alla storia per nessun motivo. O forse si. Non lo sappiamo. Di certo resterà il giorno in cui la Roma ha vinto 1-0 in una nuova, differente, maniera. Sfruttando il suo centravanti, Edin Dzeko. Che magari sbaglia ancora qualche gol ma di contro, in compenso, ne fa. Ed è praticamente sempre tra i migliori in campo. Rincorrendo con pazienza l’arrivo di una rete la cui attesa, in altre occasioni, avrebbe gettato un po’ nello sconforto e un po’ nella fretta. Che sono del tutto sinonimi, quando l’argomento è un pallone. Quelle di Juventus e Napoli sono state vere e proprie dimostrazioni di forza. Ma noi abbiamo vinto 1-0 in una nuova, differente, maniera. Pare poco?