Pensate a una città come New York senza elettricità per diverse ore. In una fredda sera di inizio novembre. Senza la possibilità di mostrare quelle luci che ne fanno il vanto, la magia, la fama. Ma anche senza la capacità di fornire i servizi più pratici. E’ successo, tanto tempo fa ma è successo. Per la precisione il 9 novembre 1965.
Tutto comincia intorno alle 17:00, in Canada. In un villaggio dell’Ontario che secondo gli storici venne fondato intorno al 1770 da un gruppo di lealisti di re Giorgio III di Gran Bretagna, in seguito alla ribellione delle colonie americane alla Corona inglese. Mentre secondo i geologi è lì che, parecchi anni prima, si formarono le Cascate del Niagara. Siamo a Queenston, dove alcuni operai stanno facendo dei lavori a una centrale. Inavvertitamente sostituiscono un pezzo con un altro che però è sottodimensionato, e più o meno 30 milioni di persone sulla costa est degli USA rimangono senza luce.
Come per ogni evento di portata semistorica, le leggende sono tante e disparate. Qualcuno dice di essere andato dal Bronx a Brooklyn a piedi, che sono circa una ventina di chilometri. D’altronde anche le metropolitane si fermarono, bloccando nei meandri sotterranei della città 800.000 persone. Altri raccontano di gente che accolse questa insolita situazione con il sorriso. Non solo a New York mancava l’elettricità, come dicevamo. Anche a Boston. Dove invece ebbero un rapporto con il blackout un po’ diverso. Il Boston Globe del giorno dopo (l’elettricità cominciò a tornare in alcune zone già dalla sera, a New York invece verso le 3:30 del mattino seguente), quando le cause ancora non erano certe, si interrogava su presunti sabotaggi, scenari di Guerra Fredda e interventi alieni.
E’ successa quasi la stessa cosa anche a Varsavia, mercoledì sera. Al Real Madrid. Cosa si stavano perdendo quelli del Legia Varsavia. Una rimonta in Champions League sui campioni in carica della manifestazione. Da 0-2 a 3-2. Se la stavano perdendo perché lo stadio era vuoto, si giocava a porte chiuse. Invece finisce 3-3 e anzi, per poco il Real Madrid non la vince nel finale. Però in Europa non ci si possono permettere cali di tensione. L’abbiamo visto anche noi contro l’Austria Vienna. Un avversario dal valore nettamente inferiore al nostro. L’abbiamo visto all’andata. Ma anche al ritorno, sul finale.
Gianluigi Buffon dice una cosa che tutti pensiamo (e spesso vediamo) da tempo. Che in Italia gli avversari della Juventus “si scansano”, in Europa no. Chiamiamolo timore reverenziale, chiamiamolo sentirsi sconfitti ancora prima di giocare. Non andiamo subito a scadere nella malafede. Perché anche contro la Roma in tanti diventano rinunciatari. Le vittorie dell’Inter e del Milan contro i bianconeri però lo dimostrano. Avete visto giocare l’Inter e il Milan? Contro la Juventus hanno semplicemente usato coraggio, dimostrando che anche Higuain e compagni sono umani e battibili.
Se nella nostra serie A cadesse un po’ di provincialismo, ne guadagnerebbe tutto il movimento. Il Chievo è stata la prima squadra ad avere la possibilità di capirlo. Se l’è giocata, come poteva. Perché non è proprio il miglior Chievo degli ultimi tempi. E’ andato in svantaggio, ha pareggiato. E’ servita la punizione di Pjanic per vincere una partita in cui comunque, nel finale, la Juventus poteva dilagare.
Sono passati 51 anni da allora. Mentre a Firenze ricordano i 50 anni dall’alluvione che sconvolse la città. La nostra rubrica non vuole tendenzialmente complicare i propri temi, abbiamo preferito soffermarci su un evento più leggero. Firenze da dove la Sampdoria porta a casa un buon punto, frutto dell’1-1 raggiunto e difeso. L’Inter aspetta Stefano Pioli piegando solo nel finale il Crotone. Napoli e Lazio pareggiano una partita piuttosto avvincente, mentre il Milan mantiene il terzo posto vincendo a Palermo nel finale. Vittoria esterna di un certo rilievo dell’Empoli a Pescara. Avrei detto che gli abruzzesi se lo sarebbero giocato un po’ di più questo campionato.
“Blackout, eccomi qua, sembra impossibile sentirti e non averti”, cantavano i Mistonocivo nella loro Blackout. Invece no, la Roma gioca, soltanto lo fa a conclusione di una domenica senza soste. Roma-Bologna in posticipo come nel settembre 2013, prima recita regale di Gervinho che coincide con un 5-0 mai in discussione. O come nel marzo 1997, quando Daniel Fonseca nel finale mostra uno degli ultimi lampi di classe della sua carriera salvandoci da una sconfitta casalinga mentre le radio passavano Confusa e felice di Carmen Consoli.
“Sai benissimo che non chiedo tanto adesso, è così piccolo il mare che ci ascolta, che ci addormenta”, cantava Carmen Consoli. Invece ad addormentare la partita è Mohamed Salah. Letteralmente imprendibile, segna 3 gol che potevano essere anche 5. Soprattutto, per la seconda partita consecutiva non prendiamo gol. Paradossale che succeda con la linea difensiva improvvisata, più comprensibile che sia perché gli avversari erano Empoli e Bologna. Ma per ora ce lo prendiamo e va bene così.
Si chiude una tranche di campionato estremamente positiva. Soltanto il pareggio di Empoli ha scolorito leggermente un quadro che sarebbe di tutto rispetto. La sosta non è mai accolta a braccia aperte, almeno non da noi tifosi. Per la squadra può essere diverso, stavolta gli infortunati sono tantissimi e alcuni saranno recuperabili per la ripresa, Nainngolan e Strootman sono stati risparmiati dalle proprie nazionali e potranno allenarsi come gli altri. In più l’Atalanta, prossimo avversario, stava correndo a un ritmo altissimo. Speriamo che, come spesso accade, doversi fermare renda più difficoltoso il riproporsi a certi livelli. Anche domenica si è imposta in casa del Sassuolo senza soffrire minimamente.
Confusi e felici, soprattutto felici. Perché comunque c’è una squadra che gioca, diverte, segna. Che sta rincorrendo la Juventus, come da pronostico ampiamente leggibile, ad una distanza non proibitiva. Che è prima nel girone di Europa League. Che, in buona sostanza, sta facendo quello che deve. Avreste creduto dovesse essere di più?