“Cielo di una notte d’agosto, ma è una pioggia di stelle che ci cade giù addosso. Fuori dalle luci del porto, è il profumo del mirto che confonde il tuo corpo nudo sopra di me”, cantava Antonello Venditti sulle prime note della sua Vento selvaggio. Il cielo delle notti d’agosto della Roma, invece, ha fatto piovere soltanto fischi e insoddisfazione. “Le luci del porto” non hanno niente a che fare con quel Porto, con quella banda di lusitani con la maglia a strisce verticali di colori privi di emozione che ci ha mandato di traverso “una notte d’agosto” nata sotto tutt’altra prospettiva. Mentre “il profumo del mirto” riporta inevitabilmente alla Sardegna, tappa intermedia di una decina di giorni in cui la stagione della Roma sembrava aver preso subito una piega piena di domande irrisolte.
No, quelle luci potrebbero essere quelle sotto cui una buona parte d’Italia, nelle notti d’agosto (ma anche di giugno, luglio o settembre), pregusta l’inizio delle proprie vacanze estive. In Sardegna, ma anche in Corsica, per esempio. Il porto di Genova ha un fascino indescrivibile. Per buona parte lo si vive sotto la sopraelevata, 6 chilometri a completare in maniera sublime il waterfront. Perché “chi guarda Genova sappia che Genova si vede solo dal mare”, come ci ricorda Ivano Fossati nella sua Chi guarda Genova. Sviluppato da levante verso ponente, sprigiona a sua volta quel fascino metropolitano di cui la città stessa già abbonda. Mentre l’area del porto antico, oggi, è uno straordinario esempio di processo di riqualificazione.
Detto questo, contro la Sampdoria non si è giocato a Genova. Ma con tutto quello che è successo a nessuno è cambiato molto. Il percorso tracciato secondo un itinerario che vede il mare come assoluto protagonista subisce una netta deviazione. Plzen. Repubblica Ceca. Boemia più profonda. Lì producono birra e hanno in attacco un certo Zeman. Che ha i capelli fucsia e con quel cognome è probabilmente solo per una coincidenza cosmica sbagliata che non ci ha segnato. L’Europa League comincia priva di spunti, pareggio noioso. Però abbiamo passato indenni la gara più difficile, la trasferta nello stadio della squadra più temibile del girone. Non da trionfatori, ma tant’è.
La poesia ritorna tale quando si scopre che la prossima tappa è Firenze. Quando ci si rende conto che persino la Juventus non è imbattibile, a patto di affrontarla senza l’aspirazione involutiva di partire sconfitti. Quando una gara già importante di suo acquista nuovi significati perché la vetta della classifica diventa improvvisamente a portata di mano. L’approccio sembra giusto, la tattica prevale da entrambe le parti, poche emozioni. Il ritmo è alto, Rizzoli non ferma il gioco neanche quando potrebbe (o dovrebbe, come in occasione del gol della Fiorentina, viziato da fuorigioco). Palo e fuori. Palo e dentro. Nainngolan e Badelj. Il bello del calcio. Il brutto del calcio. L’episodio a favore e quello contro. Ne esce una partita al limite del piacevole. Non fino in fondo però.
Non come quel 19 settembre 1981 (ricorrenza di oggi), quando Simon & Garfunkel tennero il famosissimo concerto gratuito a Central Park. Sull’onda delle 500.000 persone che parteciparono produssero The Concert in Central Park, riproduzione del live la cui tracklist parte con Mrs. Robinson. D’altronde non poteva essere altrimenti. La protagonista del testo originario, che si intitolava Mrs. Roosevelt, era evidentemente Anna Eleanor Roosevelt, moglie del presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt (avevano lo stesso cognome perché erano lontani cugini, parte della famiglia non vide con grande entusiasmo la loro unione). Che a New York ci era nata, prima di diventare una grande sostenitrice dei diritti umani e del femminismo. Il titolo cambiò dopo che il brano venne parzialmente riscritto per la colonna sonora de Il laureato. Mrs. Robinson era il personaggio del film interpretato da Anne Bancroft. Che, giusto per dire, era nata a New York.
Nello stesso giorno, 200.000 persone si radunano in Piazza del Plebiscito a Napoli, per un concerto di Pino Daniele. Sul palco con lui si esibisce una formazione tutta napoletana che qualche tempo dopo prenderà parte all’album Vai mo’. Ci sono Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Joe Amoruso. Ma anche Tony Esposito, quello di Kalimba de luna. Poi c’è il sassofonista James Senese, che sembrava essere il meno partenopeo di tutti: figlio di un soldato afroamericano e nato in un quartiere che si chiama Milano, periferia nord.
Proprio Milano e Napoli in questi momenti sono l’ombelico del calcio italiano. In particolare la squadra di Sarri ha vinto l’esordio in Champions League ed è in testa al campionato. Hanno venduto Higuain per 94 milioni e adesso gli sono davanti in classifica. Non sappiamo se e quanto durerà, ma la trama di questo campionato potrebbe essere meno scontata di quanto crediamo. Potrebbe. Dipende da noi. Anche da noi. Che attualmente non possiamo ambire a molto. Non c’è la qualità, non c’è la mentalità. Mercoledì si gioca di nuovo. Le ritroveremo?