“Mi chiedo cosa lascerà l’estate dopo il suo rumore, dopo un’attesa così lunga per raggiungerla non sembra mai così speciale”, cantavano gli Otto Ohm nella loro Crepuscolaria, il brano che diede loro la notorietà nazionale nell’autunno 2000. Le estati della Roma americana, invece, qualcosa di speciale lo avevano sempre. Erano un rincorrersi di notizie, che il più delle volte risultavano sbagliate. Di colpi a sorpresa chiusi nel giro di poche ore. Di cessioni eccellenti benchè estremamente remunerative.
La Roma perde un oratore dalla profondissima proprietà lessicale, e un direttore sportivo che ci ha fatto sognare in ogni finestra di mercato. Ma forse non era sognare quello che volevamo. Quello che volevamo era vincere. Qualcosa, qualsiasi cosa. Nessuno ha mai avanzato preferenze. Ma non ci siamo riusciti. “Crepuscolari, come le illusioni”, dicevano ancora gli Otto Ohm, nel ritornello. Walter Sabatini si definisce appunto “etrusco crepuscolare”, in contrapposizione romantica (ma non per questo necessariamente improduttiva) a James Pallotta, il “bostoniano allegro”. Il confronto dei numeri tra la gestione di Sabatini e quella di Pradè, per esempio, è largamente diverso. Non possiamo non tenerne conto.
Dice che l’ultima conferma l’ha rilevata quando non ha avuto il coraggio di acquistare un giocatore. Pare che fosse Lucas Boyè. Ma non è il giocatore in sé, quanto il ruolo. Poteva pure trattarsi di Messi. Magari venisse Messi. Ma vista la batteria di esterni offensivi di cui è provvista la squadra, magari venisse Messi ma quelli che abbiamo vanno anche bene. Non sarebbe Messi, non sarebbe stato Boyè. Sarebbe stato Piquè. Sarebbe stato Marcelo. Sarebbe stato Vierchowod. O Samuel. O Aldair. Uno che coprisse un vuoto strutturale, che facesse fare un salto di qualità alla squadra e al reparto che più ne necessita. Perché le due cose il più delle volte sono strettamente consequenziali.
E’ lì che probabilmente Sabatini ha perso contatto con la realtà. Nel colpo mancato ma che sarebbe stato uguale a tutti gli altri che già erano riusciti a metà. Nell’ennesimo acquisto a impatto ribassato sulla crescita della squadra. In un altro giovane straniero di ottime speranze che avrebbe fatto da specchio alla cessione di ragazzi cresciuti in casa e svenduti ad altre squadre di serie A. Salvo diritti di recompra mostruosi che l’addio di Uolter ha l’effetto di voler fare improvvisamente valere.
Le qualificazioni ai grandi appuntamenti mondiali o europei non sono ancora state abolite quindi ci tocca un’altra sosta per le Nazionali. Il Pellè di turno potrà mandare a quel paese chi vuole ma non riuscirà a farci venire un minimo di interesse. Buffon fa errori molto raramente e il colore che esce sulla sua personale roulette è l’azzurro (ma dopo qualche giorno toccherà al bianconero). Il pareggio con la Spagna è fortunoso, ma non quanto la vittoria in Macedonia.
Nel frattempo ognuno di noi cerca, come meglio riesce, qualche rimedio contro la rassegnazione all’assenza della serie A. Venerdì sera, a tarda ora, provi a dare un senso alle cose quando, su Premium Comedy, appare il benaugurante jingle della Medusa Distribuzione. Solitamente è la stella cometa di qualcosa che risulterà quantomeno piacevole. Invece stavolta il film che comincia è Animali metropolitani, e allora capisci che non è proprio aria. E’ famoso più che altro per essere l’ultima pellicola diretta da Steno, uno dei maggiori registi italiani e padre dei fratelli Vanzina. Ma venne ritirato dalle sale cinematografiche per assenza di pubblico. Metà del cast arriva da I ragazzi della 3° C, l’altra metà sono alcuni dei maggiori mestieranti della commedia italiana dell’epoca.
Girato nel 1987, quando in questo periodo la classifica italiana dei singoli più venduti era dominata da Michael Jackson e Madonna, e il campionato era fermo (cosa che non risulta comunque di grande consolazione) perché si giocava Svizzera-Italia, qualificazioni agli Europei 1988. Roma e Napoli si affronteranno la domenica successiva. All’Olimpico però. Con i partenopei che, seppur in 9, riusciranno a difendere l’1-1 frutto delle reti di Pruzzo e Francini.
La sosta del campionato provoca nervosismo a chiunque. Icardi litiga con Maradona e con i tifosi dell’Inter per alcune cose scritte nella sua autobiografia appena uscita, Maldini rifiuta di tornare al Milan e tutto finisce in polemica con la nuova proprietà. Però ci dà il tempo di apprezzare il ritorno di Pippo Baudo alla conduzione di Domenica In. Ormai piegato alle logiche del calcio (comincia alle 17:10), il contenitore domenicale di Raiuno ritrova però il gusto della tv pacata e raffinata, marchio di fabbrica dei conduttori televisivi storici. Perché Pippo Baudo calcò quel palcoscenico per la prima volta nel 1979. Ed è innegabile che, oggi come allora, sia riuscito a rinnovare uno dei format più longevi della comunicazione italiana.
Animali metropolitani. Etruschi crepuscolari. O bostoniani allegri. Comunque ci sia voglia definire, solitamente siamo noi a fare la conta degli indisponibili dopo le Nazionali. Stavolta invece è Milik, il centravanti del Napoli, a subire un brutto infortunio sulle zolle dello Stadio Narodowy di Varsavia. Le stesse che, quando intorno avevano ancora le tribune in legno dello Stadion Dziesięciolecia Manifestu Lipcowego, ospitarono diverse e significative immagini della storia nazionale. E non solo.
Veniva abbreviato in Stadion X-Lecia, perché la traduzione del nome stava per “decimo anniversario del Manifesto di luglio”, ovvero la decisione (datata 22 luglio 1944) dei comunisti polacchi di autoproclamarsi unico governo legittimo del paese, una volta liberato dai nazisti. La particolarità più grande, molto diffusa nell’Europa dell’est, era che per entrare nello stadio si scendeva. Perché il campo da gioco era situato più in basso rispetto alla superficie dell’area circostante. Spogliatoi lontani una decina di minuti dal campo, pista d’atletica e architettura che doveva rispondere a rigidi dettami del realismo socialista.
L’evento probabilmente più famoso è la Messa che Giovanni Paolo II tenne nel giugno 1983 alla presenza di più di 100.000 fedeli. Durante il suo secondo viaggio da Pontefice nella terra natia. Ma sarà anche l’ultimo grande appuntamento allo Stadion X-Lecia. La Nazionale polacca lo aveva già abbandonato, la concezione ormai superata ne rendeva difficoltose sia la gestione che la manutenzione. Lo rileva in affitto nel 1989, all’approdo del capitalismo, una società di nome Damis. Che lo fa diventare lo Jarmark Europa, il più grande mercato europeo dell’epoca. Tra le bancarelle, fino al trasferimento in altra zona del 2008, si troverà di tutto. Dagli alimentari alla memorialistica parasovietica, fino ai commerci mediamente meno leciti.
Nel frattempo è tornata finalmente la Roma. Gioca di sabato quasi a volerci venire incontro dopo queste altre due settimane. Gioca e lo fa anche bene, tatticamente quasi perfetta e decisa quando serve, finalmente corsara. Una vittoria che serve alla classifica e al dualismo con il Napoli, in un ipotetico futuro scenario fatto di classifica avulsa o differenza reti. Avete visto come cambia velocemente la visione delle cose?