Roma-Liverpool?
“Secondo me il problema è stato nella prima partita: prendere 5 reti rende difficilissimo rimontare. Alla Roma era capitato col Barcellona, ma queste sono gioie che non si replicano tutte le sere. La prima partita per me è stata decisiva. Io ero sicuro che la Roma avrebbe vinto all’Olimpico, ma hai pagato i gol presi durante l’andata, gol che la Roma non è abituata a prendere”.
Tu sei arrivato l’anno successivo ad uno Scudetto sfiorato da Ranieri. Ricordo due tuoi gol strepitosi, uno decisivo al derby di Coppa Italia, un altro famoso per il festeggiamento baciando la tua compagna. Potevi dare di più o sei soddisfatto di quello che hai fatto alla Roma? “Sono arrivato con un infortunio alla gamba sinistra, che mi ero procurato sul finale di stagione col Palermo prima di arrivare. Purtroppo ho passato 4 mesi a recuperare e non sono arrivato al 100% della condizione fisica. Quando sono riuscito a stare bene ho dato quello che dovevo. La Roma a centrocampo aveva giocatori spettacolari e sapevo che avrei dovuto ritagliarmi il mio spazio pian pian”o.
Tu però avevi caratteristiche che altri non avevano: tantissimi inserimenti e tanti gol per essere un centrocampista, con oltre 40 gol in serie A. “Sì, in Brasile giocavo un po’ più avanti e quindi avevo un po’ più di facilità da questo punto di vista. Inoltre il modulo utilizzato dalla Roma mi permetteva di andare ad attaccare con facilità. Va anche detto che ho avuto la fortuna di giocare con tanti giocatori intelligenti, tra cui proprio il vostro Marco Cassetti, che mi ha fatto un paio di assist stupendi, uno su tutti contro l’Inter. Io per altro ho sempre amato abbracciare chi mi serviva l’assist dopo i gol, chi serve l’assist ha sempre grandi meriti per me”.
Che ricordi hai del presidente Zamparini? “Un tipo un po’ particolare, ma nei 4 anni passati a Palermo con me è stato bravissimo. Ha fatto tutto quello che doveva per la squadra, ha dato tanto al Palermo e spero di avere dato qualcosa anche io: ad esempio credo di essere stato uno dei pochi giocatori rosanero ad avere indossato la maglia della nazionale brasiliana, una delle più importanti del mondo”.
Ci racconti che è successo nella Roma di Luis Enrique? All’inizio non sembravi essere dentro il progetto, poi hai guadagnato la stima del tecnico: come sono andate le cose? “Il mio problema a Roma si chiamava Walter Sabatini: a Palermo quando sono andato via già avevamo avuto degli scontri perché lui voleva portare dei giocatori argentini, mentre io ero extracomunitario ed occupavo una casella che magari per lui era scomoda. Sono andato via da Palermo e dopo un anno è arrivato Sabatini alla Roma, già con l’idea di portare via tutti i brasiliani: alla fine siamo andati via io, Juan, tutti gli altri. Anche Taddei è dovuto andare via. Sabatini aveva questa cosa di portare i giocatori argentini, ed è normale nel calcio, ma per me il grande problema nella Roma è stato questo: l’ho rispettato, sono tranquillo, ma è così”.
E con Luis Enrique? “Non sono andato in ritiro, poi la squadra è arrivata a Roma con alcuni giocatori infortunati, io sono rimasto lì ad allenarmi tranquillo, aspettando la decisione della società. Un periodo bruttissimo, ma piano piano, senza dire niente, ho lavorato ed ho aspettato il mio momento”.
Oggi la Roma ha di nuovo dei brasiliani, tra cui al momento spicca Alisson, uno dei migliori portieri del mondo. Ti senti di paragonare Alisson ad alcuni portieri brasiliani, magari a quelli con cui hai giocato tu anche nella Roma? “Penso che Doni abbia fatto delle ottime stagioni, così come Julio Sergio ed Arthur. Alisson vive un momento spettacolare, è il numero 1 della nazionale brasiliana e c’è grossissima fiducia nei suoi confronti per il Mondiale. La Roma ha fatto un grandissimo acquisto, anche se non credo la Roma ce la farà a tenerlo molto a lungo in squadra”.
In Brasile c’è divisione tra tifosi su chi è più forte tra Alisson ed Ederson? “Sinceramente no, Ederson è un grandissimo portiere, ma tutti qui considerano Alisson il numero uno indiscusso”.
Questo percorso in Champions può fare crescere la Roma, sia come immagine che dal punto di vista sportivo? Vedi una Roma in crescita? “Per me la Roma deve fare un grande sforzo ora, tenendo i propri campioni. Penso ad Alisson soprattutto: una grande squadra parte dal reparto difensivo. Se riesci a tenere il portiere della nazionale brasiliana già parti bene. Poi in attacco magari devi provare a fare qualcosa”.
Come giudichi Juan Jesus? All’inizio della sua carriera sembrava un potenziale fuoriclasse, un erede di fenomeni quali Thiago Silva o Lucio, poi forse non ha avuto quella crescita che si immaginava. “Tutti i ragazzi da giovani pensano di giocare in Europa, ma non è semplice cambiare paese ed ottenere grandi successi. In Brasile Juan Jesus era un giocatore di grandissimo livello, in Europa in effetti ha fatto un po’ più di fatica. Noi brasiliani abbiamo un po’ di difficoltà ad adattarci ad un calcio e ad una vita così diversi da ciò a cui siamo abituati. Credo però che con un po’ di fiducia e con qualche partita in più nelle gambe possa crescere ancora: i brasiliani hanno bisogno di giocare sempre. Vedo ancora grande potenziale in Juan Jesus: per me poteva essere anche uno dei convocati della Nazionale, ma questi suoi alti e bassi nei club magari hanno tolto un po’ di convinzione al CT”.
In Brasile come viene considerato Gerson oggi? Anche lui sembrava un predestinato e in Europa ha fatto un po’ di fatica. “Qui lo vediamo ancora come un grande giocatore, ma è vero che gioca poco. Anche qui parliamo di più dei giocatori che rientrano nel giro della Nazionale. Ha talento ed è un peccato che non giochi con continuità. Vale il discoso che facevo per Juan Jesus: i brasiliani se non giocano perdono fiducia. Gerson forse ora ha bisogno di persone che gli stiano vicino, che gli diano fiducia”.
Tu sei ancora nel mondo del calcio? “Sì, sto cercando di dare una mano a qualche ragazzo giovane che si distingue qui in Brasile. Collaboro con dei procuratori e cerco ragazzi da portare in giro per il mondo”.