Non portò mai la Roma in alto, ma la accompagnò nel futuro. Bisogna riconoscere, insomma, a Gaetano Anzalone, morto ieri notte all’età di 87 anni, di aver lavorato per far diventare grande il club giallorosso. Nessuno, anche dopo la sua avventura negli anni Settanta (dal 1971 al 1979), gliel’ha mai riconosciuto. Eppure quanto accaduto poi nell’éra Viola, testimoniò quanto il suo piano fosse stato moderno ed efficace. Tant’è vero che arrivarono subito i successi che lui non ha mai potuto festeggiare, a parte il trofeo Anglo Italiano, battendo il Blackpool il 24 giugno del 1972. E a firmarli furono Liedholm in panchina, l’allenatore che scelse già nel 1973, Di Bartolomei capitano che l’ex presidente si coccolò già nel settore giovanile e Pruzzo centravanti (capo- cannoniere in 3 campionati) che fu l’investimento più pesante con la strategia (mai rinnegata) di Moggi, da accostare al centro sportivo di Trigoria, inaugurato dal costruttore prima di lasciare.
GESTIONE TRAVAGLIATA – Nella storia della società ha avuto spazio tra la Rometta e il ciclo vincente di Viola. Anzalone, dopo l’esperienza fatta con l’Ostiense, entrò nel consiglio d’amministrazione dopo la colletta del Sistina, organizzata dal tecnico Lorenzo il 31 dicembre del 1964, per pagare la trasferta di Vicenza. Andò via il presidente Marina Dettina che lasciò il posto all’onorevole Evangelisti che convinse Anzalone, pure lui democristiano e già in politica da consigliere comunale, a far parte del nuovo board. Entrarono anche Alfio e Alvaro Marchini. Anzalone si dedicò subito al settore giovanile. Con Evangelisti e anche nelle gestioni Ranucci e Marchini. Fu Anzalone a pagare di tasca sua (15 milioni) Spinosi (Tevere Roma) e Landini (Sangiovannese), i ragazzi che poi Alvaro Marchini quasi regalò alla Juve nell’estate del 1970. Un affronto insopportabilòe. Così, convinto dall’amico Walter Crociani, si candidò per la presidenza, senza più avere al fianco i Marchini. Il 12 giugno del 1971, nella sede al Circo Massimo, l’inizio della sua avventura. Subito si fece riconoscere per l’eleganza e l’educazione. Gentiluomo e anche tifoso. Richiamò, anche se poco convinto, subito il Mago, seguendo la gente, ancora innamorata di Helenio Herrera che lo ripagò con l’unico successo, il trofeo Anglo Italiano. Ma poi lo sostituì in corsa con Trebiciani, prima di affidarsi a Scopigno.
SVOLTA IMPROVVISA – La grande intuizione, anche per rispondere alla Lazio di Maestrelli lanciata verso il 1° scudetto: ecco Liedholm che conquistò il 3° posto davanti ai cugini campioni nel 1975. E’ l’annata più bella. L’Olimpico applaude la zona del Barone, con il doppio regista, cioè con De Sisti, riportato alla base proprio dal presidente, e affiancato a Cordova, e con la resurrezione di Prati, centravanti scaricato dal Milan. Anzalone, spesso vicino a dimettersi (colpa dei risultati e del bilancio in sofferenza), continuò a pensare al vi- vaio che, con Giorgio Perinetti all’inizio della carriera, regalò successi (3 scudetti e 2 Coppa Italia) e talenti come Peccenini, Rocca, Conti e Di Bartolomei. La cessione di Cordova, genero di Marchini, fu mirata: il presidente puntò su Agostino che seguì fin dai primi calci e, con commozione, da capitano del 2° scudetto.
SGUARDO NEL FUTURO – Anzalone avrà anche vinto poco. Nemmeno Giagnoni e Valcareggi, gli ultimi tecnici, lo fecero sorridere. Ma, prima di cedere il testimone a Dino Viola il 16 maggio del 1979 e di dimettersì spaventa- to dal calcioscommesse (lo scandalo scoppiò qualche mese più tardi), lasciò il segno con le sue iniziative migliori. Oltre a costruire Trigoria e a portare per la prima volta la squadra in tournée proprio negli Usa, capì l’importanza del merchandising. Nel 1978 fece disegnare (da Gratton) il Lupetto stilizzato per la maglia della Roma (proprio l’anno scorso è stato usato su quella bianca da trasferta e ieri, in ricordo dell’ex presidente, il sito del club lo ha scelto al posto dello stemma con la Lupa), commercializzando il logo e creando quelli che sarebbero diventati i Roma Store. Ha giocato d’anticipo. E ha vinto. Il Lupetto è il suo scudetto.