Una pioggia di carte bollate contro Tor di Valle. E a sorpresa nel mucchio delle contestazioni alla controversa operazione calcistico-immobiliare legata al nuovo stadio della Roma, con annesso «Ecomostro» di uffici e negozi, spunta anche un atto di opposizione presentato dall’ex assessore all’Urbanistica di Virginia Raggi, Paolo Berdini. Il termine per presentare osservazioni e obiezioni al progetto è scaduto ieri allo scoccare della mezzanotte. Al dipartimento Urbanistica sono arrivate decine di osservazioni, 21 le ha presentate solo un gruppo di ingegneri e architetti capeggiato da Francesco Sanvitto, l’ex responsabile del Tavolo Urbanistica del M5S, poi epurato dal Movimento per avere ribadito la sua contrarietà all’operazione stadio. Tra i ricorrenti, anche i proprietari di alcuni terreni da espropriare, i quali hanno ventilato l’ipotesi di chiedere i danni all’amministrazione, se si andasse avanti con l’approvazione della variante urbanistica, che i grillini vorrebbero votare in Aula entro fine luglio.
FLOP VIE DI FUGA – Berdini, che ha lasciato la giunta M5S a febbraio 2017, ha evidenziato «l’inesistenza dell’interesse pubblico a realizzare lo stadio a Tor di Valle» e ha puntato il dito contro l’«insussistenza delle norme di sicurezza sull’incolumità della popolazione», scrivendo che, a suo parere, il nuovo impianto non avrebbe vie di fuga adeguate e di conseguenza i 55 mila spettatori, in caso di emergenza, sarebbero in pericolo. Per questo il progetto, ha scritto l’ex assessore, deve essere «respinto». Il Comitato pendolari Roma-Ostia e il Coordinamento associazioni della mobilità alternativa hanno contestato insieme le criticità legate al piano trasporti e il fatto che «non è stata compiuta alcuna asseverazione da parte di un terzo (istituto bancario o finanziario) della documentazione presentata dal privato», sarebbe quindi senza verifiche tutto l’equilibrio finanziario dell’operazione.
Il Comitato Difendiamo Tor di Valle dal cemento ha denunciato il rischio che la viabilità, in una zona già oggi iper-congestionata, vada definitivamente in tilt. «Il collasso – si legge negli atti – sarà inevitabile in tutti i giorni lavorativi, con l’arrivo dei 14mila lavoratori del Business Park nella fascia oraria 7.30-9: il nuovo carico di traffico, aggiunto a quello esistente, sarà insopportabile». Soprattutto perché il Ponte di Traiano, nonostante gli annunci, «non esiste né nei progetti né nei finanziamenti».
Il Tavolo di Urbanistica di Sanvitto, come abbiamo già raccontato, sostiene che il Comune abbia saltato alcuni passaggi previsti dalla legge e che la variante possa essere votata in Aula solo dopo la bonifica dell’area di Tor di Valle, che è ad alto rischio inondazione, perché altrimenti verrebbe violato il Piano nazionale di assetto idrogeologico. Ma c’è anche un’altra obiezione non di poco conto: «Non sono stati conteggiati nella Superficie utile lorda (cioè gli spazi commerciali, ndr) tutti i corridoi, androni, hall, zone di attesa, retrobottega». Questo causerebbe un «indebito arricchimento» dei privati «a discapito dell’interesse pubblico», perché «attraverso le deroghe la Sul potrebbe aumentare anche del 30%», sostiene l’urbanista Sanvitto, che parla espressamente di «furbanistica».
Poi c’è la grana degli espropri. La Cogemi, proprietaria di un terreno da confiscare, si è già opposta formalmente a Tar – il ricorso è pendente – e tramite avvocati ha scritto che «la variante al Piano regolatore» violerebbe le norme sulla «libera concorrenza e imparzialità», che «non risulta rispettato il Codice dei Contratti pubblici», e che il piano particellare di esproprio «contiene errori di individuazione dell’area e conseguentemente di stima». Ecco perché viene ventilata l’ipotesi di chiedere una «indennità» se l’iter andrà avanti.