Sperava di non frequentare più i corridoi della procura di piazzale Clodio. E invece, dopo essere sopravvissuta al «Marra-gate» e al «polizza-gate», Virginia Raggi ieri è tornata di fronte al procuratore aggiunto Paolo Ielo per chiarire i suoi rapporti con il “sindaco-ombra” della Capitale. «Luca Lanzalone? Me lo hanno presentato nel 2017 Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede», avrebbe detto la prima cittadina, ascoltata come persona informata sui fatti, ribadendo la versione ripetuta in ogni sede da quando, mercoledì scorso, il consulente di punta del Campidoglio, voluto dalla sindaca alla presidenza dell’Acea, è finito ai domiciliari per avere ricevuto laute consulenze da Luca Parnasi, il patron dello stadio della Roma a Tor di Valle. Un progetto su cui Lanzalone -pur non avendone titolo, per l’accusa – dava consigli e «si comportava di fatto come un assessore», aveva detto ai pm il 31 maggio l’ex responsabile dell’Urbanistica capitolina, Paolo Berdini, fatto fuori dalla giunta pentastellata proprio per divergenze in merito al progetto-stadio. Lanzalone, ingaggiato a costo zero dal Comune, per i pm sarebbe stato remunerato dall’amico Parnasi e, in cambio, lo avrebbe favorito.
IL NODO Un’ora di colloquio necessaria ai pm per cercare di sciogliere uno dei nodi cruciali dell’inchiesta. Perché la nomina dell’uomo voluto dai vertici del M5S ha assunto i contorni del giallo: la delibera con cui Lanzalone veniva nominato consulente del Comune a titolo gratuito non sarebbe mai stata formalizzata. Proprio su questo dettaglio si sono concentrate le domande rivolte alla prima cittadina. Intanto Parnasi dal carcere milanese di San Vittore ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al gip. «Parlerò, ma con il pm»,ha detto. Lanzalone, invece, assistito dall’avvocato Giorgio Martellino, ha parlato per più di tre ore di fronte al gip Maria Paola Tomaselli e alla pm Barbara Zuin. Ha respinto le contestazioni- corruzione, per avere accettato «lucrosi incarichi» da Parnasi e per averlo poi agevolato in particolare nelle procedure amministrative connesse alla realizzazione dello stadio – sostenendo di non avere mai commesso illeciti. In ogni caso, per la difesa non avrebbe fatto nulla di illegittimo: non avendo mai ottenuto deleghe formali, non avrebbe agito in conflitto d’interesse accettando incarichi da Parnasi. La procura gli contesta di essere stato un consulente «di fatto» del Comune, ma la sua difesa sostiene non avesse alcun ruolo, tanto che la delibera relativa alla sua nomina non sarebbe mai stata formalizzata. Al termine dell’interrogatorio, il suo legale ha presentato istanza di scarcerazione.
L’INQUADRAMENTO L’inquadramento di Lanzalone sarebbe stato al centro anche del colloquio tra gli inquirenti e Franco Giampaoletti, direttore generale del Campidoglio, ascoltato subito dopo la Raggi. La vicenda si fa intricata alla fine di maggio, quando i carabinieri del Nucleo investigativo di Roma acquisiscono in Comune la documentazione relativa al ruolo di Lanzalone. Dagli uffici del personale rispondono che il nominativo non esiste: non risultano incarichi conferiti negli anni 2016 e 2017, nemmeno a titolo gratuito. Una circostanza singolare visto che, agli atti dell’inchiesta, c’è una richiesta del marzo 2017 protocollata e inviata dalla sindaca al direttore delle risorse umane e al segretario generale,nella quale si propone la nomina di Lanzalone come consulente «ad alto contenuto di professionalità». Dopo aver appreso di essere iscritto nel registro indagati, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha chiesto di essere convocato dai pm: «Voglio chiarire subito questavicenda».