In Campidoglio lo chiamano l’«asse dell’Aurelia». Perché a un certo punto – è la fine del 2016 – da Genova e Livorno iniziano ad arrivare figure centrali dell’amministrazione Raggi. Per un caso forse poco incidentale, Luca Lanzalone ha nel curriculum consulenze con le amministrazioni di queste due città. Sotto la Lanterna ha lavorato con la giunta Doria (centrosinistra) per la vicenda Amiu, la partecipate dei rifiuti. Stesso discorso nella grillina Livorno di Filippo Nogarin. In entrambi i casi è la fama di «super tecnico» a precedere, l’avvocato: «Ci pensa Luca». «Meno male che c’è Luca». E i risultati gli danno ragione. A ottobre del 2016, in un Campidoglio che balla tra inchieste e dimissioni, le figure apicali scarseggiano.
I TENTACOLI Virginia Raggi sceglie come segretario generale Pier Paolo Mileti, professionista dal carattere riservato, strappato al Comune di Genova. Tempo tre mesi ed ecco che da Palazzo Doria arriva un’altra pedina centrale di cui il Campidoglio è sprovvisto: Franco Giampaoletti. Serve un direttore generale che faccia funzionare una macchina complessa e tentacolare come quella di Roma. Il «Giampa» è l’uomo giusto per titoli, capacità ed esperienza. Lanzalone, narra la leggenda, lo chiama a dicembre del 2016, quando ha già lasciato Genova per andare a occuparsi dell’Unicoop Tirreno. I due si conoscono e si stimano. Dopo tre mesi il manager diventa il diggì del Comune e Raggi gli affida un compito fondamentale: la riforma della macrostruttura dell’amministrazione. L’ultimo tentativo di mettere ordine tra i dirigenti è stato fatto con risultati non proprio felici da Raffaele Marra, dunque serve una rivoluzione. «Giampa» si confronta spesso con «Lanza» sui temi più importanti del Comune. Un rapporto solido e di amicizia che non è rinnegato nemmeno in queste ore di tensione sotto la Lupa. Il direttore generale della Capitale ha un ruolo chiave ovunque: gestisce tutte le pratiche più spinose, com’è normale che sia, dallo stadio ai rifiuti passando per Atac. Più le tante mine che scoppiano quotidianamente sulla strada di chi amministra Roma.
Lanzalone compare in Comune nel momento della prima crisi e fondamentalmente, nonostante l’incarico in Acea arrivato nel frattempo, non se ne va fino all’arresto. I consiglieri grillini lo conoscono a dicembre del 2016 presentato come «un legale del M5S» catapultato qui per convincere la maggioranza che la delibera dello stadio si può cambiare non c’è alcun rischio di penali. E in effetti così avverrà. Sempre più consultato, come un oracolo, Lanzalone diventa centrale. Un numero da chiamare in caso di dubbi. Anche se ad agosto del 2017 salta il terzo assessore Bilancio. Bisogna da sostituire Andrea Mazzillo, ed ecco Gianni Lemmetti, già uomo dei conti a Livorno. «Luca è un amico e per noi era una persona importante», ha detto ieri l’altro l’assessore.
A dire il vero non è il primo livornese ad approdare a Roma: tre mesi prima la strada gli è stata aperta da Fabio Serini, nominato dalla giunta Raggi commissario straordinario dell’Ipa (la mutua dei dipendenti capitolini). Nel suo palmares ha un’esperienza come commissario giudiziario dell’Aamps, la matassa toscana dipanata da Lanzalone. C’è un legame anche tra loro, tanto che l’avvocato al telefono si sfoga: «Ormai mi chiamano anche per farsi aumentare lo stipendio: a Serini ho detto guarda, parlane con la Raggi». Una tela di rapporti – con professionisti che non risultano indagati – vasta. Dentro e fuori il Comune. Carlo Felice Giampaolino, uno degli advisor del concordato (superpagato) Atac, si rivolge costantemente a Lanzalone. L’obiettivo in caso di concordato è nominarlo commissario.