Chi ha chiamato chi? È questa la domanda a cui la procura deve trovare una risposta. Perché l’interrogatorio di Luca Lanzalone, l’avvocato di Genova arrivato a Roma per occuparsi del dossier stadio e poi nominato presidente di Acea, venerdì ha sparigliato di nuovo le carte durante l’interrogatorio di garanzia: «Sono stato chiamato nella capitale dalla sindaca Virginia Raggi». Una versione che cozza con quella della prima cittadina, che nella testimonianza fornita quasi contemporaneamente in procura ha invece spiegato che a suggerirle il nome del legale «sono stati Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede» , ex responsabili degli enti locali per il Movimento e ora ministri ai Rapporti con il Parlamento e alla Giustizia. Il guardasigilli del governo pentaleghista pare sia infuriato. Conosce Lanzalone da anni ed è stato anche suo sponsor con la giunta grillina di Livorno, nei giorni caldi della crisi della municipalizzata Aamps. Ma ha una terza versione. «Non ho imposto Lanzalone a nessuno» . Ha consigliato il suo nome, poi sono stati altri a decidere. Sfumature.
Segnali di una tensione tutta interna al M5S che, però, in Campidoglio nessuno ha avuto ancora tempo di cogliere: i consiglieri grillini sono troppo presi dal toto- indagati. L’inchiesta ha toccato il capogruppo pentastellato Paolo Ferrara e gli eletti capitolini — che a parole lo hanno già assolto — ora tremano. Sanno che la procura sta continuando a lavorare. E che l’inchiesta potrebbe allargarsi. Sono in arrivo peraltro nuovi documenti: il deposito è legato alle istanze al tribunale del Riesame che verranno presentate in settimana dai difensori degli arrestati. L’inchiesta potrebbe tornare a lambire il Campidoglio, azzoppando qualche altro big del Movimento. Scenari funesti, da crisi nerissima. Chi rischia di più ha già preso a consultarsi con i propri legali.
Tutti gli altri sono in cerca di un segnale di discontinuità: domani gli eletti 5S si riuniranno nella consueta riunione di maggioranza settimanale e sul tavolo ci sarà la leadership del gruppo. Ma prima i consiglieri si fermeranno a discutere dello stadio della Roma. Oggi partirà la verifica sugli atti dell’iter disposta dalla prima cittadina. Urbanistica, trasporti, ambiente, patrimonio e lavori pubblici: sono cinque i dipartimenti che si occuperanno del check sul progetto di Tor di Valle. Un’operazione sui cui vigila a distanza anche il club giallorosso. Il timore più grande per i vertici della Roma è quello di dover rimettere mano al business plan già messo nero su bianco. Nelle previsioni del presidente James Pallotta, lo stadio avrebbe dovuto ospitare il match d’esordio nella stagione 2020/ 21. Al più tardi all’inizio della serie A 2021/ 22. Se non ci saranno presto certezze sulle sorti della procedura, i piani andranno rivisti e la programmazione stravolta. Budget per il calciomercato incluso, tema su cui la tifoseria è particolarmente sensibile.
Dalle parti di Trigoria, però, la speranza è l’ultima a morire. Dopo lo scoppio dell’inchiesta, ci si sforza di guardare al Campidoglio con ottimismo. Sono due le opzioni ancora in piedi: il curatore di Eurnova — si attende la sua nomina e non è esclusa la pista interna alla stessa società di Parnasi, il costruttore finito in carcere per corruzione — potrebbe proseguire la vendita dei terreni alla Dea Capital. L’altra ipotesi è l’arrivo di un nuovo investitore, magari vicino al patron Pallotta. Un nome inedito che potrebbe essere invitato al tavolo per uscire dallo stallo in cui l’iter è piombato sotto i colpi dell’inchiesta.