Finanziamenti «in chiaro» a quindici politici nella scorsa campagna elettorale, perché ai candidati «non si può dire di no se hai un affare grosso in ballo». E pagamenti più consistenti, con la consapevolezza di aver violato le leggi o aver deciso «senza neppure far votare il cda», a due fondazioni, “Eyu” e “Più voci” – rispettivamente in quota Pd e Lega – perché «mi torna utile avere questi amici negli ambienti giusti». A due giorni dal verbale fiume consegnato ai pm nel corso di due interrogatori tra mercoledì pomeriggio e giovedì mattina, si coglie meglio il senso delle dichiarazioni del costruttore Luca Parnasi, in carcere ormai da due settimane con l’accusa di essere a capo di un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e a una serie di reati contro la pubblica amministrazione.
I POLITICI Ai magistrati, Parnasi ha consegnato la lista dei quindici candidati sostenuti alle ultime elezioni regionali e politiche con finanziamenti in chiaro ma rigorosamente sotto soglia, 4.500 euro a testa, in modo da non essere obbligato a metterli a bilancio: all’elenco di dieci nomi che risultavano dalle intercettazioni se ne aggiungono altri sui quali ora il Nucleo investigativo dei Carabinieri ha avviato accertamenti. I candidati, dice il costruttore, bussano alla porta di «tutti gli imprenditori». Tra i candidati sostenuti replica Luciano Ciocchetti di Direzione Italia: «Per quanto riguarda i contributi ricevuti, il mio mandatario elettorale ha provveduto a raccoglierli e a rendicontarli al collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte di appello di Roma. Tale rendiconto è a disposizione di chiunque voglia prenderne conoscenza. E si potrà così verificare la completa liceità di tutti i contributi raccolti».
LE FONDAZIONI È sul tema «fondazioni» che Parnasi fa le dichiarazioni più importati. Il tema sono i finanziamenti arrivati ad organizzazioni vicine alla Lega anche nel corso dell’ultima campagna elettorale («cento e cento» dice ai suoi) , oltre ai 250mila nel 2015 e i 150mila euro dati ad “Eyu”, fondazione presieduta dal tesoriere Pd Francesco Bonifazi. Quei soldi, dice Parnasi, sono usciti dall’azienda evitando le procedure regolari. Un meccanismo indispensabile per accedere agli «ambienti giusti» e avere «amicizie» tra le persone che contano.
IL CONSULENTE L’avvocato Luca Lanzalone, il consulente di punta del Campidoglio per il dossier «Stadio», è stato, ha messo a verbale Parnasi, quello che ha risolto la discussione con la nuova giunta in un passaggio fondamentale: quando le cubature per Tor di Valle sono scese e la sua azienda puntava a ridurre drasticamente le opere di urbanizzazione. Lanzalone è stato un ottimo tramite, dice Parnasi, che però non usa mai il termine «corruzione». Da quel rapporto così «positivo», la decisione di sostenere Lanzalone con consulenze sue e di altre aziende: «Mi aveva risolto lo stadio – avrebbe detto in sintesi il costruttore, che ieri ha fatto istanza di scarcerazione – e dicevo a tutti che era bravo. Alcuni l’hanno assunto perché l’avevo sponsorizzato io».
I DIPENDENTI Sul ruolo dei collaboratori, accusati di far parte dell’associazione a delinquere di cui lui era il capo, Parnasi sceglie di negare nettamente l’impostazione della procura (che proprio su questo tema appunta l’accusa più consistente). Sostiene di avere preso lui tutte le decisioni e di avere dato indicazioni ai collaboratori, che si sarebbero limitati ad eseguire.