A volte ritornano. Che poi, a pensarci bene, non sarà propriamente un ritorno. Per il semplice fatto che Daniele De Rossi non ha mai detto addio alla Nazionale. Una fisiologica pausa di riflessione durante l’interregno di Gigi Di Biagio, conseguenza anche di condizioni fisiche non esattamente ottimali. Pausa di riflessione prorogata anche in occasione della prime convocazioni di Roberto Mancini. Ma perché solo un dilettante poteva immaginare di dover provare un ragazzo biondo campione del mondo, quasi centoventi gettoni in azzurro, il romanista con più presenze e gol della storia, un centrocampista che tutto il mondo ci ha invidiato. Qualcuno potrebbe domandarsi: ma perché questo ritorno? Per un semplice motivo: perché il biondo di Ostia ama l’azzurro quanto il giallorosso. Tutto qui.
La telefonata Per certi versi, il suo ritorno non costituisce neppure una sorpresa. Soprattutto per chi conosce De Rossi e per chi ora ha il complicato compito di ridare risultati, immagine, credibilità a un azzurro che non è mai stato sbiadito come durante questi Mondiali. Quando Roberto Mancini ha detto sì alla federazione per andare a sedersi sulla panchina più scomoda d’Italia, tra le prime cose che fece, ci furono alcune telefonate. In particolare a quei cosiddetti senatori che dopo il patatrac con la Svezia, avevano fatto capire, chi più, chi meno, che la loro storia in azzurro era arrivata al capolinea.
Quindi, telefonata anche a Daniele De Rossi, giocatore per il quale ha sempre avuto una stima incondizionata. Tanto è vero che lo avrebbe voluto anche ai tempi in cui stava al Manchester City. E c’era quasi riuscito a portarlo in Premier convincendolo pure con un assegno assai più ricco di quello che poi gli avrebbe garantito la Roma. Solo che non aveva fatto i conti con Roma e la Roma, perché alla fine De Rossi decise di continuare a indossare l’unica maglia di club che ha mai vestito (…)
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