L’obsolescenza di stadi e palazzetti che hanno un’età media di oltre sessant’anni costa allo sport italiano circa 750 milioni all’anno di minori introiti. La sola Serie A, che a differenza delle altre Leghe europee non è riuscita ad ammodernare i propri impianti (a parte gli esempi virtuosi di Juventus, Udinese e Sassuolo) patisce un gap di almeno 500 milioni. La media degli spettatori per partita della Serie A è diminuita dai 34mila del 1989/90 ai 21mila del 2015/16. E i dati della stagione appena cominciata sono ancora più negativi. La media italiana di riempimento degli stadi è pari al 55,2%. La Ligue 1 francese ha il 66,8%, la Liga spagnola (dove a Madrid comune e Real hanno appena raggiunto l’accordo sul restauro del Santiago B e rn a beu da 400 mil iio ni) i l 68,3%, me ntre a dominare la scena sono Bundesliga e Premier League, rispettivamente con il 91,9% e il 95,5%. Ora, sia l’esperienza inglese seguita all’emanazione del Rapporto Taylor nel 1989, con investimenti in stadi fra il 1993 e il 2012 per 3,3 miliardi di sterline, sia quella tedesca legata ai Campionati del Mondo del 2000, dimostrano che il rinnovamento degli impianti porta a un aumento degli spettatori del 40 per cento.
Per quando riguarda l’Italia, perciò, potrebbero esserci sei milioni di tifosi in più sugli spalti durante un’annata sportiva rispetto ai 15 milioni che, per esempio, nella stagione 2011/12 hanno seguito dal vivo match di Serie A, B e Lega Pro. Inoltre, alzando il livello dei servizi, la qualità delle strutture, i sistemi di sicurezza, in Serie A si potrebbe aumentare il prezzo medio dei biglietti rispetto agli attuali 20 euro di almeno quattro (+20%). Incremento che moltiplicato per quello dell’affluenza supplementare potrebbe perciò generare ricavi da gare aggiuntivi per il solo calcio professionistico pari a 180 milioni. Stessa dinamica avrebbero gli incassi legati ai consumi del match-day: oggi in Italia la spesa media per uno spettatore (biglietto escluso) è pari a 4/5 euro. In Inghilterra e Germania siamo sui 20 euro.
Grazie al miglioramento dei servizi (ristorazione, par cheggi, punti vendita del merchandising, musei, visite guidate) la spesa pro capite potrebbe salire di 12-15 euro con una crescita di fatturato tra gli 80 e i 125 milioni. Per non parlare della corporate hospitality e degli sky box, da cui i club italiani ottengono oggi intorno ai 25/30 milioni a causa delle carenze degli impianti, a fronte di un “mercato” che se valorizzato appieno potrebbe produrre un giro d’affari di oltre 350 milioni. Il calcio italiano è in ritardo anche sul fronte dei naming rights, mentre tra il 2007 e il 2011 i ricavi da questa fonte nel calcio europeo sono raddoppiati fino a sfiorare i 100 milioni. Se a queste entrate si aggiunge l’uso degli impianti multifunzionali nei giorni in cui non si gioca e l’aumento dell’appeal del settore marketing/commerciale, le risorse extra che stadi nuovi e moderni potrebbero produrre superano per la serie A i 750 milioni e se consideriamo gli altri tornei di calcio e le altre discipline il saldo potrebbe sfiorare il miliardo di euro.
Per ogni anno di ritardo nell’implementazione di nuovi impianti di qualità il sistema sportivo tricolore, insomma, perde terreno rispetto ai competitors europei e internazionali. E lo stesso vale nelle altre discipline sportive, vista la scarsa disponibilità di palazzetti, piscine, palestre o velodromi al passo con i tempi. Per restare al calcio, la Serie A è ancora una volta cominciata con un club, il Crotone, costretto a giocare fuori città le gare interne per mancanza di un impianto a norma, e le deroghe ai parametri Figc sono di frequente la regola per disputare i campionati professionistici. Il caso più eclatante di iter burocratici complessi che rallentano i lavori per la realizzazione di un nuovo impianto è quello della As Roma.
La società del presidente giallorosso James Pallotta e del costruttore Parnasi hanno presentato il progetto del nuovo impianto da 52.500 posti da edificare a Tor di Valle, il 29 maggio 2014. Una struttura ultramoderna, ispirata all’architettura romana del Colosseo, in acciaio e vetro, avvolta da un velo di pietre fluttuanti, e un tetto in vetro e teflon, immaginata dall’archi-star Dan Meis. Si parla di un costo complessivo di tipo urbanistico per 1,2 miliardi di euro e di investimenti diretti sullo stadio, da 300 milioni. E si parla di una inaugurazione nel 2017. In seguito, la Giunta e l’Assemblea Capitolina riconoscono l’interesse pubblico dell’opera tra settembre e dicembre 2014. Vengono chieste però integrazioni e correzioni al progetto che viene depositato solo il 30 maggio 2016. Dopo il commissariamento del Comune e il cambio della guardia in Campidoglio con i dubbi espressi dal Movimento 5 Stelle e dal sindaco Virginia Raggi, la parola passa alla Conferenza regionale dei servizi che dovrà assumere una determinazione entro il 6 marzo 2017. Mentre il Consiglio comunale dovrà approvare una variante urbanistica. La deadline per il debutto della nuova arena è stata intanto spostata al 2019.