Qualcuno si era quasi sorpreso a vederlo nella lista dei 23 della Francia per il Mondiale. C’era chi avrebbe preferito il talentuoso Rabiot, il potente Kondogbia, l’affidabile Sissoko: Deschamps però sapeva di potersi fidare di quel gigante di 196 centimetri. Anche Monchi si fida ciecamente di Steven Nzonzi, al punto da averlo acquistato due volte. La prima nel 2015, quando lo portò al Siviglia dallo Stoke City. L’altra ieri, quando ha chiuso il suo acquisto alla Roma: «Tiene mucho futbol» , dice di lui il ds spagnolo.
Ha pensato immediatamente a quel ragazzo francese quando a fine luglio l’allenatore romanista Di Francesco gli manifestato qualche perplessità sulla tenuta del centrocampo. Eppure quello di Nzonzi è un talento sbocciato sfidando le perplessità di tanti e qualche delusione bruciante. Lui, nato in una cittadina di 27mila abitanti, La Garenne- Colombes nell’Ile de France, aveva un sogno: giocare nel Paris Saint Germain, la sua squadra del cuore. Ma a 13 anni arrivò la bocciatura del centro di formazione del Psg a Conflans: lo ritennero troppo leggero da un punto di vista fisico. Finì al Lisieux, al Caen, al Beauvais Oise. Per finire all’Amiens. Lì l’esordio da professionista e il passaggio, a 21 anni appena, al Blackburn. Con quel ritornello a perseguitarlo: «Ero alto e magro, molti avevano dubbi sul fatto che avrei saputo adattarmi a un campionato fisico come la Premier », raccontò anni dopo.
L’altro grande sogno era giocare un Mondiale. Nel 2016 la Nazionale della Repubblica Democratica del Congo, attraverso l’opera di Aziz Makukula, direttore sportivo della squadra che stava dominando il gironcino di qualificazione, provò a convincerlo a sposare le origini congolesi di papà Fidele (la mamma è francese): nulla da fare. Voleva la Francia Nzonzi. Lì ora lo chiamano “le Poulpe”, il polpo: fino al 2017 però il suo paese non aveva mai pensato a lui. E quando i cronisti spagnoli dopo la sua prima stagione al Siviglia chiusa con la vittoria dell’Europa League, gli chiedevano sorpresi perché non fosse stato convocato per gli Europei, si sentivano rispondere: « Evidentemente non sono ancora pronto per giocare con la Francia, prima di pretendere bisogna dimostrare di meritare » . Il ritratto dell’umiltà. Manifestato anche nel 2017, quando il Psg provò a riprenderselo. «Sarebbe stato bello, da bambino ero tutto Parigi, Parigi, Parigi, ma crescendo e facendo questo lavoro vedi le cose in modo diverso».