Cantando sotto la pioggia, i milanisti hanno assaporato la prima vittoria dell’era post-cinese. Il 2-1 di Cutrone all’ultimo istante dei 5’ di recupero, su imbeccata di Higuain (connubio riuscito tra il giovane reduce e il massimo rinforzo del mercato) potrebbe assurgere a evento simbolico nella storia rossonera. Il Milan ha battuto la Roma, terza nel campionato scorso: nell’aritmetica deduttiva questo autorizza speranze di qualificazione alla Champions. È stato però concreto il rischio di un bis della beffa di Napoli.
Dopo un primo tempo quasi perfetto col gol di Kessie a firmare la supremazia, le forze si erano affievolite, il pareggio di Fazio a chiudere una mischia era parso fatale e soltanto il Var aveva parato i colpi di una partita ormai slabbrata: per pochi centimetri aveva cancellato la fuga magnifica di Higuain sull’1-1, ma poi aveva anche pizzicato il controllo di braccio di Nzonzi in mischia. Il successo della Roma sarebbe stato crudele e incongruo. La sensazione lasciata dal primo tempo – lo si poteva evincere dalle espressioni compiaciute di Gordon Singer, Scaroni, Maldini, Baresi, Leonardo, Kakà – era stata quella del laboratorio tattico. Gattuso non è mai stato raffigurato come un visionario alla Sacchi: piuttosto, come un custode della tradizione popolare, un sanguigno contagiato dal buon senso. Il luogo comune, già increspato la scorsa stagione, è andato in frantumi al battesimo del Meazza.All’insistito palleggio dall’area di Donnarumma – la Roma ha presto desistito dal pressing altissimo – hanno preso parte tutti i giocatori, nessuno escluso. Ma la vera novità è la varietà delle soluzioni per approdare al tiro: si va dalle sovrapposizioni sulle fasce con gli stantuffi Calabria e Rodriguez alle imbucate frontali attorno a Biglia, dalle triangolazioni dettate da Higuain agli accentramenti di Suso e Çalhanoglu. Mancava l’accelerata finale o la rifinitura, il che riduceva talvolta l’azione a ricamo vezzoso.
Però la Roma, che aveva giocato lunedì con l’Atalanta, alla lunga ne è stata stordita. Di Francesco l’ha protetta con un sistema di gioco inusuale: il 3-4-1-2. Intendeva sfruttare Schick accanto a Dzeko e Pastore trequartista, cui il limitato dinamismo ha permesso solo qualche preziosa sponda o tocco di prima. Invece l’occasione divorata da Calabria a centro area preludeva alle altre: un rasoterra di Higuain, accolto da ovazione liberatoria, un sinistro di Suso, una discesa potente di Kessie. Che ha infine spinto in porta un cross abbastanza geniale di Rodriguez.
Di Francesco ha aggiustato la Roma nell’intervallo: più efficace il 4-2-3-1 con El Shaarawy, che ha obbligato Donnarumma a un’uscita di piede a metà campo. Meno felice, un’uscita di pugno del portiere ha innescato l’azione del flebile rinvio di Calabria e del pari di Fazio. Attingendo alla panchina, i due allenatori hanno provato a vincere. E più di Cristante, del frenetico Castillejo, di Laxalt e Santon, è stato decisivo Cutrone. Capitava anche l’anno scorso, ma non c’era Higuain. È una bella differenza. «Miglioreremo ancora», promette Gattuso.