Appena qualche mese fa, a furia di gol, si era preso la Roma e ripreso la Nazionale. La scelta di sposare il giallorosso a gennaio, sembrava essere la svolta della carriera di El Shaarawy. Da enfant prodige negli anni milanisti alla ricerca di se stesso nelle stagioni seguenti, Spalletti era riuscito a farlo tornare ai livelli della sua prima esperienza rossonera. Otto gol in sedici gare nel girone di ritorno avevano convinto tutti. Anche Conte che se lo era portato in gruppo per gli Europei francesi. Ora, il piccolo Faraone, sembra essersi nuovamente smarrito. Complice qualche modifica tattica nello scacchiere romanista (la rinuncia al modulo con il falso nueve e il ricorso al centravanti vero) e l’esplosione di Dzeko, El Shaarawy ha perso posizioni. Appena un gol in otto presenze in campionato per una media 0,12 fotografano alla perfezione il passo indietro dell’attaccante. Che insieme al posto, sembra aver smarrito anche il buon umore. Non è passata inosservata, infatti, la mancata esultanza all’unica rete segnata sinora in stagione contro il Crotone.
RIVOLUZIONE IN ATTACCO – Era il 21 settembre, un mese fa. Da quel giorno, Stephan non è più partito titolare e soprattutto non ha più trovato la via della rete. Domani nella sfida contro l’Austria Vienna (che avrà al seguito circa duemila tifosi), toccherà nuovamente a lui. Al suo fianco agiranno Totti e Iturbe. Se l’ex milanista non vive il suo momento migliore, l’argentino rincorre un gol in competizioni ufficiali da oltre un anno (Frosinone-Roma 0-2, 12 settembre 2015). Più feeling con la porta avversaria ce l’ha certamente il capitano che contro gli austriaci, oltre a tagliare il prestigioso traguardo delle 100 presenze nelle competizioni Uefa per club, cerca il gol numero 100 con Spalletti in panchina. Intanto la moglie Ilary Blasy rivela al settimanale “Oggi” che lo stesso calciatore è rimasto sorpreso quando definì in un’intervista Spalletti “un piccolo uomo”: «Come voi, anche Francesco è rimasto scioccato dalle mie parole. Non se le aspettava ma mio marito si fida di me».
TITOLARE PER CASO – Spalletti invece in difesa si fida sempre più di Fazio: «Con l’Austria Vienna dobbiamo cercare di conquistare i tre punti per consolidare il primo posto – ha detto ieri il difensore -. Così eviteremo di giocarcelo nelle ultime partite fuori casa, al freddo». Il morale, dopo le vittorie contro Inter e Napoli, è ritornato alto: «Il successo del San Paolo è stato molto importante non solo perché contro un’avversaria diretta che lotterà con noi per il titolo e per i primi posti della classifica ma anche perché dà slancio a noi e un duro colpo a loro. Sono 3 punti pesanti conquistati in casa di un avversario molto competitivo che potrebbero fare la differenza a fine stagione». La Juventus però sembra ancora lontana: «Loro avranno uno scontro diretto contro il Milan. Rimaniamo concentrati su noi stessi e vinciamo contro il Palermo, poi vedremo». Ultimamente, complice l’assenza di Vermaelen, ha giocato sempre. In Europa League potrebbe avere un turno di riposo, se Spalletti riproporrà Emerson a sinistra (al rientro dalla squalifica) facendo scalare Juan Jesus al centro in coppia con Manolas. A destra non potrà riposare Florenzi, visto l’infortunio di Bruno Peres, in porta ci sarà Alisson. A centrocampo, con De Rossi ancora squalificato, toccherà a Paredes. Insieme con lui, spera anche Gerson.
OGGETTO MISTERIOSO – Dopo il debutto in campionato, sabato a Napoli per una manciata di secondi, l’ex Fluminense ha poco meno di 3 mesi per convincere Spalletti che fatica a trovargli un ruolo. In patria, Gerson ha fatto vedere le cose migliori da trequartista mentre a Trigoria stanno cercando di trasformarlo in mezzala «perché non è abbastanza veloce per giocare più avanti». Ma anche in mediana, «deve imparare a difendere» (Lucio dixit). Insomma, i 18,9 milioni spesi dall’ormai ex ds Sabatini sono lì a pesare come un macigno sui 20 anni di un ragazzo che in Sudamerica viene considerato un talento. La gara con l’Austria Vienna potrebbe essere l’occasione ideale per vederlo all’opera. E magari lasciarlo anche sbagliare, senza la spada di Damocle, come accaduto a Plzen dopo 45’, di dover lasciare subito il campo.