C’era una volta in Champions League, contro il CSKA Mosca, quando Alessandro Florenzi giocò la prima partita da terzino destro dal primo minuto con la maglia della Roma. È il 25 novembre 2014, la squadra di Garcia affronta i russi in trasferta in una gara a porte chiuse. Non è un inedito nella carriera del giocatore perché l’esperimento lo aveva tentato in precedenza Leonardo Menichini, tecnico del Crotone nella stagione 2011-2012. Florenzi restò un anno in Calabria, tanto utile da consacrarsi calciatore professionista. E in quella parentesi ci fu, appunto, uno squarcio sul futuro del talento giallorosso. “Non avevamo calciatori in quel ruolo e così pensai ad Alessandro per le sue doti di fisicità e velocità”, racconterà Menichini. Andò bene, finì 2-0 per i rossoblù e Florenzi risultò tra i migliori in campo.
Tre anni dopo, nell’ambito della competizione continentale più prestigiosa, in un’altra circostanza di emergenza per le defezioni di Maicon e Torisidis, l’allenatore francese fa cadere la scelta sul 24 di Vitinia, tenendolo in ballottaggio fino all’ultimo con Nainggolan. Alla fine la spunta Florenzi e pure in questa occasione la prestazione è da sufficienza abbondante, tanto da entrare nell’azione del gol romanista: è lui a procurarsi la punizione poi trasformata da Totti. Al novantesimo è un pareggio, 1-1, tra mille rimpianti perché arrivato proprio all’ultimo istante con una rete di Berezutski. Tuttavia, la nota lieta di quel match resta Florenzi terzino. E Garcia da quel giorno scopre un futuro erede di Maicon, promuovendolo via via da titolare basso a destra. Da questo momento, però, nella comunicazione e tra i tifosi ne nasce un dibattito “evergreen”, ancora vivo fino ad oggi per ragioni che risultano essere misteriose. Non è bastato sentire De Rossi dichiarare: “Quello è il ruolo ideale per Alessandro, ha margini di miglioramento impensabili”.
Non è servita l’incoronazione dell’ex direttore sportivo, Walter Sabatini: “È più forte di Dani Alves”. Non è stato sufficiente nemmeno la testimonianza sul campo dei vari allenatori negli ultimi quattro anni, che tutti hanno votato Florenzi terzino. Da Spalletti a Di Francesco, passando per Conte, Ventura e Mancini in Nazionale. Eppure, talvolta, basta accendere una radio o leggere un giudizio su qualche organo di informazione: “Florenzi non è un terzino”. Nonostante i fatti vadano in un’altra direzione. Nonostante le testimonianze sul campo, la media voti sempre molto al di sopra del 6, i concorrenti che ha messo in panchina nel corso del tempo, la volontà dello stesso ragazzo: “Mi metto a disposizione della squadra, ma se devo scegliere un ruolo voglio giocare terzino”. È diventata una sorta di “guerra di religione”. Dove non si guarda la realtà dei fatti, ma una realtà ipotetica. “Messo in avanti segnerebbe di più”, si dice. Florenzi da terzo d’attacco – soprattutto nel primo anno di Garcia – ha fornito prestazioni di qualità.
Ma a livello realizzativo non è mai stato un Salah o nemmeno lo stesso Cengiz Under. L’egiziano è andato per due stagioni consecutive in doppia cifra. Il turco in mezzo campionato da titolare ha realizzato 7 reti tra Serie A e Champions nel 2017-2018. Florenzi, nell’unica annata vissuta da esterno offensivo (2013-2014), ha trovato 6 reti in 37 apparizioni. Il ragionamento degli allenatori è molto semplice: partendo dalle retrovie, può sfruttare la velocità di base non indifferente, le doti balistiche per i cross e le conclusioni dal limite. Dal punto di vista difensivo, pur essendo un terzino di spinta proiettato in avanti, è un giocatore che si applica con dedizione totale alla fase di non possesso. Gli interpreti del ruolo sudamericani o di altre scuole calcistiche latine con vocazione offensiva, non sono mai stati dal punto di vista difensivo irreprensibili. Altra leggenda popolare ripetuta: “È troppo basso per essere un difensore”. 174 cm d’altezza.
Basta riportare le generalità di alcuni uomini di successo, in ordine sparso. Dani Alves 172 cm. Philipp Lahm, 170 cm. Roberto Carlos 168 cm. Bixente Lizarazu 169 cm. Marcos Cafu 176 cm. Florenzi è più alto di tutti questi colleghi, tranne che dell’ex “Pendolino”. Ma per due centimetri di differenza. E ancora: “Non può giocare in quella posizione perché non è il suo ruolo naturale”. Alberto Di Chiara, Gianluca Zambrotta, lo stesso Marco Cassetti erano ali che poi sono state adattate a terzini. Giusto per citare tre italiani del recente passato. Poteva valere per loro, non può valere per Florenzi. Infine, c’è un dato statistico che dovrebbe dirimere la contesa: 97 partite disputate nella Roma da terzino, compresa Roma-Spal. Vicino alla cifra tonda delle 100, che taglierà nei prossimi appuntamenti. Florenzi è ormai un terzino destro di ruolo, nato in una fredda notte di Champions contro il CSKA Mosca. 1428 giorni fa. Basterà per definirlo tale una volta per tutte?