Ci sono dati che non possono, anzi non devono essere trascurati: la Roma, dopo 11 partite di campionato, in classifica ha soltanto 16 punti. Questo significa che il secondo/terzo posto è sempre più lontano (la Juventus, per pudore, neppure la nominiamo), 9 lunghezze, e che il quarto continua tristemente ad essere turno dopo turno sempre più una speranza che un traguardo. Date un’occhiata ai numeri, se non vi fidate. E siamo appena all’inizio di novembre. Anche a Firenze, la Roma ha confermato di essere una squadra malata, ma il problema più grave è che ancora non si è capito bene di quale male soffra. La Roma gioca un calcio tutto suo, spesso inspiegabile, fatto di tante cose brutte e solo alcune carine. Nello specifico, la partita del Franchi è stata pesantemente condizionata in negativo da un calcio di rigore ai limiti del ridicolo: questo ha inciso profondamente sul risultato, ma – al di là delle sacrosante recriminazioni del club – il fattaccio non deve diventare il pretesto, l’occasione per accampare alibi. Se si vuole andare avanti, se si vuole crescere. La Roma a quota 16 punti dopo 11 gare deve convivere ancora con troppe cose negative che chiamano in causa chi sta in campo, chi lavora in panchina e pure chi la squadra l’ha costruita.
LIMITI STRUTTURALI – La Roma non dà mai la sensazione di essere padrona della situazione, anche quando, come accaduto ieri, ha gestito a lungo la partita. Ma l’ha fatto con un andamento troppo lento, con una macchinosità imbarazzante sul piano della manovra, mai realmente fluida, e con la scarsa tigna di molti suoi elementi. Si può giocare male, e la Roma sotto questo aspetto non si fa mai guardare dietro, ma non si può, anzi non si deve mai stare in campo soltanto per accumulare presenze. I giocatori che hanno la grinta di una formica e la forza di un lanciatore di coriandoli sono peggio di Orsato e Banti abbracciati sotto la foto di Rizzoli. Se sei vittima di un’ingiustizia (e il rigore fischiato contro Olsen lo è), devi cercare con tutto te stesso di ribaltare la realtà: non puoi permetterti di restare a guardare quanto ti sta accadendo intorno. Perché i punti lasciati per un motivo o un altro per strada non te li ridarà nessuno. Mai. Se l’obiettivo, a questo punto, è diventato soltanto il quarto posto (e soltanto a scriverlo vengono i brividi…), c’è l’assoluta necessità di darsi un’immediata svegliata, di cambiare passo perché la strada è (tanto) in salita. A patto che non si voglia puntare tutta la stagione sulla vittoria della Champions League. Oh, è una battuta…