Snobbata, e forse anche un pò schifata (calcisticamente, per carità) – e non solo dal ct Ventura -, la cresta del Faraone de Noantri, ersciaravi per dirla alla testaccina, è tornata ad impennarsi nell’esatto momento in cui non poteva restarsene ancora bassa, quasi anonima, come accaduto sistematicamente nella prima parte della stagione. Dov’è El Shaarawy? In panchina. Spesso emai volentieri. Ci mancherebbe altro. Ecco perché serviva, gli serviva una prestazione come quella sfoderata nella prima parte della gara contro l’Austria Vienna per ricordare un po’ a tutti di esistere: doppietta, bella e pesante. La prova provata che la qualità è quella, e che non si smarrisce neppure sulla panca o per le strade di Roma.
C’era bisogno di un segnale e “Erscia” ne ha piazzati due, uno anche nella capoccia di Spalletti. Che aveva bisogno di sue risposte, specie dopo il ko di Perotti. Lucio le ha avute d’autore, in linea con l’estro del faraonico personaggio. Il quale, in occasione della prima perla, ha sfruttato una giocata di Gerson, l’altro monitorato speciale della serata. Bilancio? Tutto si può dire tranne che il brasiliano non sappia giocare a pallone: per adesso, però, lo fa con i suoi ritmi (il samba non c’entra niente, sia chiaro…) e con le sue geometrie. Chiedere di vederlo giocare un po’ di più, appare una comprensibile pretesa. Così come non veder più la Roma farsi rimontare in maniera ridicola come accaduto ieri sera.