È l’uomo che ha fatto tremare il Campidoglio appena espugnato dai grillini, il costruttore a cui Raffaele Marra faceva sapere di essere «a disposizione», prima degli arresti in batteria, delle inchieste germinate una dopo l’altra, da Tor di Valle alle nomine della giunta Raggi, e in mezzo, o di lato, o all’inizio, sempre, in qualche modo, lui, Sergio Scarpellini. Il costruttore è morto ieri all’età di 81 anni, dopo una malattia. Il «fornaretto» di Testaccio, cioè il fornaio, come amava autodefinirsi per ricordare le origini umili (titolo di studio: quinta elementare), che, con le sponde dei politici e i palazzi del potere prima comprati e poi concessi in affitto alle istituzioni, era riuscito a capitalizzare una fortuna. Centinaia di milioni di euro li ha guadagnati solo con i suoi «palazzi Marini», gli immobili nel cuore di Roma concessi a caro prezzo, per quasi vent’anni, al Parlamento. Uffici di deputati e senatori, con tanto di vigilanza, pulizie, servizio bar.
L’ASCESA – Comincia con l’ex hotel Bologna, in piazza Sant’Eustachio, affittato nel 1987 al Senato. E l’affare va avanti, si gonfia, fino al 2013. Poi scoppia lo scandalo «affitti d’oro», e quei contratti, senza gara, non vengono rinnovati. L’ultimo scade nel 2015, quando l’Agenzia del Demanio mette nero su bianco che il canone avrebbe dovuto essere «inferiore del 57%» rispetto a quanto chiedeva il costruttore. Non c’erano solo le Camere. C’era la Regione, il Tar, la Rai, qualche ministero. E pure il Campidoglio, che fino alla disdetta del 2013 affittava, a 15 milioni di euro l’anno, 18 mila metri quadri a largo Loria e altri 9mila in via delle Vergini.
Partito da «un piccolo immobile», poi rivenduto, poi un altro e un altro ancora, la sua ascesa da imprenditore la raccontava così. Ma c’era anche, soprattutto, la rete di relazioni. La politica. Sempre «coccolata». Imprenditore «di larghe intese» (ipse dixit), né di destra né di sinistra, «sono di tutti», ammetteva. Erano suoi i tanti appartamenti di lusso concessi gratuitamente, in pratica regalie, a politici e funzionari. Le definiva «semplici cortesie». Per la Procura di Roma erano il prezzo di una corruzione. Tanto che, interrogato dalla pm Barbara Zuin a fine 2016, raccontava: «Se fossero venute da me persone che non contavano, di certo non avrei dato loro nulla». È stato, si diceva, uno dei protagonisti della prima inchiesta che ha fatto vacillare il Campidoglio grillino, inchiesta che lo ha fatto finire sul banco degli imputati per corruzione insieme all’ex fedelissimo della sindaca Raggi, Raffaele Marra. Parlando con la storica segretaria del costruttore, Ginevra Lavarello, Marra diceva di essere «a disposizione». Scarpellini, per l’accusa, nel 2013 avrebbe pagato la collaborazione del dirigente comunale con due assegni circolari – 367mila euro in tutto – intestati alla moglie di Marra, utilizzati per comprare un lussuoso appartamento ai Prati Fiscali. I due sono poi stati rinviati a giudizio per corruzione. Ma i destini processuali si sono separati a un passo dalla sentenza: per Marra arriverà il 13 dicembre – la pm ha chiesto 4 anni e mezzo – mentre la posizione del costruttore è stata stralciata a luglio, proprio a causa delle gravi condizioni di salute.
DOMINO DI INCHIESTE – Dai brogliacci e nei messaggi recuperati dal telefono di Marra, sono emerse poi le famose chat su Telegram dei Quattro amici al bar, tra Raggi e i suoi fedelissimi, e quegli scambi sono finiti nel processo per falso a carico della sindaca, assolta dieci giorni fa. Intercettando Scarpellini, i carabinieri hanno scoperto gli intrighi dietro l’operazione Tor di Valle, fino all’arresto per corruzione dell’imprenditore Luca Parnasi e dell’ex superconsulente del Campidoglio, Luca Lanzalone. Scarpellini era in contatto con politici e funzionari coinvolti nel progetto del nuovo stadio, poi intercettati a loro volta.
Ma dall’inchiesta sul costruttore è emerso molto altro. Anche perché subito dopo l’arresto, a dicembre 2016, Scarpellini aveva iniziato a collaborare con i pm. Aveva consegnato la lista di politici a cui per anni aveva prestato denaro e concesso case di lusso in comodato d’uso gratuito: «Ho sempre pensato che ove avessi fatto una cortesia, avrei potuto ricevere analoghe cortesie in cambio». Da qui, l’arresto del sindaco di Ponzano, Enzo De Santis. E l’inchiesta sull’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Mirko Coratti, Pd, che per 8 anni ha abitato gratis in un appartamento di pregio a piazza Cavour, e sull’ex senatore Denis Verdini, che avrebbe ottenuto in comodato d’uso la sede della sua fondazione a due passi da Fontana di Trevi.