Lo spettacolo è quello di Davide Nicola, allenatore con forte carica empatica, umanamente travolgente, che esulta in camicia bianca in mezzo a uno stadio in amore e finalmente esultante dopo troppe amarezze. La Roma di solito qui veniva e vinceva, adesso invece, a Udine, ha lasciato anche pia dei tre punti che si porta via quel gol di De Paul. Uno di quella ricca genìa di attaccanti argentini che girano il mondo. Per la cronaca il prode Rodrigo fa coppia all’Udinese con un altro argentino, Ignacio Pussetto, anche lui ha fatto ammattire la difesa del povero Di Francesco. Che adesso sta lì a chiedersi: abbiamo fatto il 76% di possesso palla, abbiamo tirato più di 20 volte in porta, abbiamo comandato la partita, e alla fine vincono loro? La Roma lascia punti e certezze e si porta via un carico di dubbi.
Ha dunque vinto l’Udinese, all’italiana e in contropiede. Davide Nicola, l’allenatore che avevamo perso di vista dai tempi entusiasmanti di Crotone, dopo un anno è riapparso oltre mille chilometri più a Nord, a risvegliare una squadra negli incubi. L’uomo va dritto allo scopo e non parla per metafore: “Il nostro obbiettivo è sbranare gli avversari”, ha sentenziato alla fine. La Roma ha pagato il solito prezzo delle sue contraddizioni: squadra incompleta, giocatori bravi ma senza carattere, un allenatore bravo ma schiavo delle teorie. Di possesso palla si può anche morire, è una sirena subdola e illusoria. La Roma ha fatto teoria, non spettacolo: si e no tre o quattro tiri veri verso la porta, El Shaarawy giusto un po’ più tonico, Schick (ancora al posto di Dzeko, tenuto in caldo per il Real, martedì all’Olimpico) allo stato di ectoplasma, Kluivert trottolino indisponente.
La giornata, cominciata male con la resa di Olsen per un dolorino, è proseguita peggio con una partita non consona a una squadra che sta facendo un’ottima Champions e che alla Champions aspira anche il prossimo anno. Il gol preso da De Paul è simbolico: l’argentino irrompe con una forza che oggi né Schick né Dzeko hanno, mentre la difesa (da Santon a Juan Jesus) si sfalda. Una resa di squadra. E’ la quarta sconfitta della Roma, che soffre e non riesce ad aver ragione di squadre più piccole e meno ricche. Oltre a difendere gruppo, impostazioni e filosofia di gioco Di Francesco dice anche “sono avvelenato, non abbiamo raggiunto una crescita adeguata per diventare una grande squadra”. E ammette: “Sì, la Champions si fa sentire, è una cappa”. Non tutto è stato sport. Le due tifoserie si sono salutate gemellandosi in cori razzisti anti-Napoli. Il solito, odioso “Vesuvio lavali col fuoco”. “Comportamento incivile da condannare e contrastare con determinazione”, ha detto il presidente della Figc Gravina. Si auspica che gli arbitri si sveglino e fermino le partite.