La panchina di Di Francesco, proprio come 2 mesi fa dopo la sconfitta del Dall’Ara contro il Bologna (23 settembre), è a orologeria. Il tecnico, 19 punti in 13 partite di campionato, è nuovamente in bilico. La proprietà Usa non accetterebbe mai la nuova figuraccia domani sera contro il Real Madrid e soprattutto l’ennesimo ko stagionale (già 5 in 17 match) domenica sera contro l’Inter. Pallotta, da Boston, è stato però chiaro con i suoi interlocutori nella Capitale: Eusebio, al momento, non rischia di fare la fine di Garcia che, nonostante la promozione agli ottavi di Champions, nel gennaio del 2016 fu esonerato. Il presidente non ce l’ha con l’allenatore, anche se è inquieto e irritato per la piega che ha preso l’annata. Non capisce che cosa stia accadendo a Trigoria. E’ deluso dai singoli. Quindi, soprattutto dalla squadra. E anche da Monchi che ha scelto i rinforzi nella scorsa estate. Non vorrebbe, dunque, intervenire ancora in corsa, come fece quando convocò Spalletti a Miami per rivestirlo di giallorosso. Ma questa è comunque la settimana della verità: la Roma deve ripartire. Se, invece, crollerà nelle prossime 2 gare, l’avvicendamento sarà inevitabile. Baldini ha già dato il suo parere di consulente: il candidato in pole è sempre Paulo Sousa. Che ha già dato il suo gradimento, pure in pubblico.
NESSUN PASSO INDIETRO – Anche il management di Pallotta non ha cambiato idea: Di Francesco non si può mettere in discussione dopo ogni partita persa. Monchi rimane il punto di riferimento dell’allenatore. Anche giovedì sera sono stati insieme a cena. Hanno fatto il punto della situazione, affrontando la delicata questione degli infortuni muscolari. E confrontandosi anche sullo scontato intervento del club nella sessione invernale di mercato. Il ko alla Dacia Arena ha però spostato l’attenzione nuovamente sul futuro del tecnico. Che, come ha chiarito a chi gli sta vicino, non ha mai pensato di chiamarsi fuori. Sa bene che la Roma di oggi è senza identità e carattere. È, però, convinto di poterla rigenerare, superando pure questo periodo delicatissimo. Intende, dunque, tenersi stretta la panchina (il suo contratto scade il 30 giugno 2020). Il ds, nei colloqui avuti con lui dopo la sconfitta contro l’Udinese, lo ha visto combattivo. Motivo in più per non scaricarlo. Così, in caso di esonero dopo l’Inter, non è da escludere che lo spagnolo possa dare le dimissioni. Oggi si sente responsabile almeno quanto Eusebio. Baldissoni, invece, si tiene in contatto con Boston per relazionare il presidente che ha rinunciato al viaggio in Italia per assistere alla partita con il Real. Sabato sera il dg, appena rientrato da Udine, si è spostato allo studio Tonucci, dietro Piazza del Popolo, lasciando poi l’ufficio solo dopo la mezzanotte. Telefonate e conference call mirate alla crisi.
SCARSA PROFESSIONALITÀ – Di Francesco, e ne parlerà nelle ore che precederanno la partita di Champions direttamente con gli interessati, è deluso dall’atteggiamento di qualche giovane. In allenamento e anche in partita. Loro, più dei senatori, pensano e soprattutto giocano in proprio. E, quando dovrebbero usare la personalità, si nascondono. Timidi e fiacchi, in ogni scelta. Eusebio ha urlato a vuoto dalla panchina. Non gli è piaciuto, prima della trasferta in Friuli, come hanno lavorato Under e Kluivert. Né come è entrato Zaniolo nel finale della partita alla Dacia Arena. Lo stesso Under si è presentato in campo con sufficienza. E Kluivert, quando gli ha lasciato il posto, si è ribellato alla decisione del tecnico, buttando via la tuta: lo ha calmato Florenzi.