Avanti con lo stadio della Roma. Il progetto è salvo, anche se il futuro assetto della mobilità nell’area di Tor di Valle non convince ancora del tutto. Il responso degli ingegneri del Politecnico di Torino, la squadra di consulenti scelta dal Campidoglio 5S per avere un parere il più trasparente possibile sul progetto del nuovo impianto giallorosso e del relativo business park, è arrivato venerdì a palazzo Senatorio. Parere positivo, dunque. Il masterplan non va riscritto, le carte sembrano tutte in ordine. Pure se restano dubbi sul fronte dei trasporti: nei giorni delle partite, in entrata e in uscita dal Gra e dall’Eur, si muoveranno 50 mila tifosi. La zona scelta è già oggi tra le più congestionate della città e, orfano del ponte di Traiano, il Colosseo bis rischia di mandare in sofferenza il quadrante Sud della capitale.
Alla luce del verdetto ( secretato dai 5S) del pool in cui lavora anche Cristina Pronello, autorità in materia di trasporti che Virginia Raggi a inizio mandato avrebbe voluto con sé in giunta, la sindaca ha convocato per martedì pomeriggio una nuova riunione a palazzo Senatorio. Un vertice per fare ancora una volta il punto con l’assessore all’Urbanistica, Luca Montuori, con i dirigenti del dipartimento legato al suo assessorato e quelli della Mobilità e, se possibile, per individuare misure per arrivare a un miglioramento del progetto. Senza, però, stravolgerlo. L’input politico è chiaro. Dopo la grande paura per l’inchiesta che ha portato all’arresto del costruttore e proponente dell’opera Luca Parnasi e ha privato l’amministrazione pentastellata di Luca Lanzalone, l’avvocato presidente di Acea e consigliere numero uno della prima cittadina grillina, si può provare a guardare più in là. Fare un passo avanti per cercare di chiudere la partita e intestarsi il progetto più atteso dalla metà romanista del tifo capitolino. In questo senso il parere del Politecnico di Torino è un sollievo per i 5 Stelle: il masterplan e i suoi allegati hanno ricevuto una sorta di certificato di qualità. Un bollino che per Raggi e i suoi fa tutta la differenza del mondo.
Il Comune era rimasto stordito dalle parole di Carlo Notarmuzi, funzionario del Palazzo Chigi dal 1993 e firmatario del parere unico per lo Stato in conferenza nei servizi, che nelle intercettazioni allegate all’indagine si esprimeva così sul progetto: «Lo stadio si deve fare per forza. Verrà uno schifo, ma si farà». Ora, parere alla mano, quelle parole preoccupano meno. L’obiettivo a questo punto — mentre vanno avanti a cadenza settimanale gli incontri tra i manager del Comune, dell’As Roma e di Eurnova, ex società di Parnasi — è portare in consiglio comunale la variante al piano regolatore subito dopo le feste di Natale. È l’atto necessario per dare il via ai lavori. Il documento che, a 2.500 giorni dall’inizio delle trattative, ancora manca per posare la prima pietra a Tor di Valle.
Si va avanti, quindi, anche perché tornare indietro appare sempre più difficile: innestare la retromarcia a questo punto diventa un rischio per il Campidoglio. Servirebbero evidenze, prove che il progetto è falsato. Carte che fino a questo momento non sono saltate fuori. Non dalla procura, che ha sempre ribadito come l’iter amministrativo dello stadio non fosse stato inficiato dall’inchiesto. Nemmeno dal Politecnico di Torino. Adesso bisogna soltanto capire con chi si troverà a trattare — anche di mobilità — il Comune. Se ancora con Eurnova e As Roma o con un soggetto unico. James Pallotta, presidente statunitense dei giallorossi, negli ultimi giorni è stato dato più volte vicino all’acquisizione dei terreni e del progetto dall’ex società di Parnasi. Un’operazione da concludere in due tranche, prima e dopo l’approvazione della variante in Assemblea capitolina