Di Francesco resta in panchina a cronometro acceso mentre la squadra va in ritiro a tempo indeterminato. Il giorno dopo il grottesco pareggio di Cagliari, a Trigoria non si può più far finta di nulla. La Roma è nel caos più totale e per Di Francesco è davvero arrivata la resa dei conti. Pallotta, dopo un veloce colloquio con Monchi nella notte di sabato, ha lasciato nelle mani del ds la decisione di ribadire la fiducia o esonerare il tecnico. Lo spagnolo, in sintonia con Totti, ha parlato con Eusebio ieri mattina e gli ha detto che può stare tranquillo, a meno di ulteriori e clamorosi scivoloni che allontanerebbero una volta per tutte la Roma dalla zona Champions. Fiducia quindi, ma a tempo.
Poi è stato il turno della squadra tenuta a rapporto da dirigenza e staff tecnico: il ritiro sembra un ultimatum e durerà almeno fino a domenica e quindi alla partita col Genoa decisiva per le sorti di Di Francesco (in mezzo c’è l’inutile sfida di Champions col Plzen). Un iter molto simile al post Bologna-Roma anche se in questo caso la squadra sembra aver perso fiducia nel suo allenatore che dopo il 2-2 di Cagliari – nonostante i clamorosi ed evidenti errori nei cambi – ha scaricato quasi tutte le responsabilità sui giocatori. Ieri pomeriggio Pallotta ha contattato pure Baldini (per affari in Sudafrica) per capire come prepararsi sul futuro. La strategia pare chiara: tenere Di Francesco il più possibile sulla panchina e tenere il posto in caldo per Antonio Conte. Un sogno che potrebbe diventare realtà.
L’ex juventino ed ex ct, infatti, ha voglia di tornare ad allenare in Italia (anche per motivi familiari) e non ha chiuso le porte alla Roma. Difficilmente, però, accetterà di prendere la squadra in corsa. Pallotta vuole un nome forte, stanco delle scommesse dei suoi delegati che si sommano alla delusione per i continui stop allo stadio. Il presidente è amareggiato, ma non vorrebbe lasciare Roma senza un trofeo. Per convincere Conte, però, ci vogliono soldi (al Chelsea percepiva 10,5 milioni l’anno…) e un progetto ben definito. In caso di crollo verticale, però, il piano rischierebbe di saltare perché al posto di Di Francesco verrebbe ingaggiato uno tra Montella (spinto da Monchi e Totti) e Paulo Sousa (pupillo di Baldini) per almeno un anno e mezzo. A meno che non si valuti la soluzione C, quella del traghettatore – come fu Andreazzoli nel post Zeman – fino a giugno.