Esordì con la maglia della Roma in una partita contro il Genoa, all’Olimpico. Gennaio 2009, era appena stato acquistato dall’Udinese. Subentrò alla mezzora del primo tempo al posto dell’infortunato Cicinho, che in quella circostanza ci rimise i legamenti. E pensare che qualche minuto prima il brasiliano aveva portato i giallorossi in vantaggio. Non dimostrò timidezza, Motta. Fu tra i migliori in campo. Da terzino destro, il suo ruolo. Nel 2014 – sempre nel periodo invernale – ebbe pure un’esperienza nel “Grifone”. Sei mesi con Gasperini ad alta intensità. Marco Motta oggi ha optato per il mare (parafrasando Angelo “Manuel Fantoni” Infanti). Classe 1986, è un difensore di proprietà dell’Ormonia Nicosia, squadra cipriota: “Ho tre anni contratto, ma nel calcio non si può mai sapere cosa succederà in futuro”, dice.
Che campionato è quello di Cipro? “Le squadre provano a giocare a calcio, anche con coraggio. Un esempio che si può fare è l’Apollon, che in casa ha battuto la Lazio in Europa League. La differenza sostanziale con i campionati europei più competitivi – a parte nella qualità dei calciatori – è l’intensità. Qui si gioca a un ritmo più basso rispetto a come si fa in Serie A, in Premier o nella Liga”.
Detto da lei che ha giocato in tutti e tre i paesi, poi, è ancora più credibile… “Ho girato tanto, un po’ per una scelta di vita e un po’ per altre circostanze. Stando all’estero ho apprezzato altri movimenti calcistici e ho imparato tre lingue diverse. Ma sento di poter dare ancora tanto al calcio. Ho 32 anni, ma vorrei giocare per altri cinque o sei anni. Questa è l’intenzione, poi vedremo cosa succederà. Da voi a Roma c’è l’esempio di longevità, che ha giocato fino a quarant’anni…”.
Il suo ex capitano alla Roma, Francesco Totti. “È stato un onore poter giocare al suo fianco e far parte di questa società tanto gloriosa. La Roma in cui ho giocato io era una squadra fortissima, con giocatori di qualità e un allenatore capace tatticamente e non solo come Spalletti. Luciano mi ha insegnato tanto. Ma mi sono trovato bene anche con Ranieri l’anno successivo, per questioni di dettagli non vincemmo uno scudetto e una Coppa Italia”.
Nel 2008-2009, quanto bruciò l’eliminazione in Champions con l’Arsenal? “Sicuramente molto. Fu un doppio confronto particolarmente tirato, soprattutto al ritorno meritavamo di passare il turno. Giocammo in emergenza totale, con tanti giocatori a mezzo servizio. Ma, nonostante tutto, facemmo una partita commovente arrivando fino ai calci di rigore. Chiudemmo con una difesa inedita formata da me, Diamoutene, Riise e Tonetto. Una serata meravigliosa, con uno stadio coinvolgente. Ho rivisto qualcosa di simile qualche mese fa, ma con un esito diverso. Finalmente positivo. La gente di Roma merita di vincere”.
Allude a Roma-Barcellona 3-0? “Sì, esattamente. Quella sera davanti alla tv mi sono sentito più romanista che mai. Seguo sempre con interesse, a distanza, la mia ex squadra. Ma quella sera mi ha smosso qualcosa dentro. Si sentiva la Roma sotto la pelle. Ho anche postato sul mio profilo Instagram una foto il giorno dopo con qualche bella parola. Era doveroso”.
Tornando al passato, a quel doppio confronto di coppa con gli inglesi, forse sono state le sue migliori prestazioni della carriera? “Probabilmente, sì. Ho giocato belle partite anche in precedenza e anche successivamente, però per il contesto forse quelle due gare si fanno preferire. Avevo un allenatore che mi dava fiducia come Spalletti, nonostante avessi solo ventitré anni. Contento di aver regalato alla Roma quel momento della mia carriera, forse uno dei miei migliori in assoluto”.
Alla Juventus, invece, come si è trovato? “L’esperienza alla Roma è stata senza dubbio più positiva dal punto di vista personale. Più intensa, seppur breve. Alla Juventus ho avuto modo di apprezzare un club blasonato, dove è importante solo vincere, vincere e vincere. Nonostante nel mio periodo fosse in fase di ricostruzione. In quell’annata non arrivarono risultati, ma solo un piazzamento al settimo posto (stagione 2010-2011, ndr)”.
Inverno 2014, sei mesi al Genoa. “Altra parentesi molto interessante. Con Gasperini facevamo un calcio offensivo, proiettato in avanti, che valorizzava gli esterni. C’erano Gilardino, Antonelli, io arrivai insieme a Burdisso a gennaio. Sarei rimasto volentieri, ma in quel momento la società non poteva permettersi di riscattarmi così tornai alla Juventus. Solo nel 2015, poi, decisi di provare ad andare fuori dall’Italia, quando mi chiamò il Watford”.