Sulla graticola Eusebio Di Francesco c’è già stato. Era un altro mese molto freddo, era gennaio, era il 2014 e dopo una lunga serie di risultati negativi e con gran rincrescimento il cavalier Squinzi lo sollevò dall’incarico di allenatore del Sassuolo. Curioso, a rileggere oggi quel che si scriveva in quei giorni di quella squadra: “Il credito accumulato nella passata stagione – scriveva ad esempio La Stampa – con la prima storica promozione in serie A del Sassuolo, non è stato sufficiente al tecnico per salvare la panchina. Di Francesco, 44 anni al secondo esonero in A dopo quello di Lecce, aveva rischiato dopo le prime quattro partite perse ad inizio stagione culminate con il clamoroso 0-7 con l’Inter, ma anche dopo il derby di Parma e la sconfitta sul campo del Genoa del 6 gennaio. La reazione della squadra contro il Milan, vittoria in rimonta e un po’ fortunosa, aveva illuso Di Francesco ma anche tutto l’ambiente. Poi il ko contro il Torino e infine il rovescio di Livorno con la squadra sotto di tre gol dopo venti minuti. Tanti, forse troppi i cambiamenti. Infatti tra sessione estiva ed invernale, sono stati ben 19 i nuovi giocatori arrivati, con un saldo negativo di quasi 11 milioni, una vera rivoluzione che potrebbe proseguire nelle ultime ore di mercato e che ha reso difficile il compito del tecnico appena esonerato. Impietosi i numeri della crisi del Sassuolo con un segno rosso sulle reti subite: 46, peggiore difesa della serie A, mente i gol segnati sono stati 22 di cui 12 firmati dal giovane Berardi, 12 le sconfitte, di cui 5 in casa, 5 i pareggi e 4 le vittorie”.
Dunque, si veniva da una stagione esaltante, sul mercato ci fu una mezza rivoluzione, l’inizio fu balbettante, poi ci fu una ripresa e infine una lunga serie negativa, con la difesa ridotta a un colabrodo: che vi ricorda? All’epoca finì male per Di Francesco che fu sollevato dall’incarico. In quei giorni la Roma volava con Garcia, Pjanic prometteva amore eterno («Rinnoverò il contratto, ormai mi sento romano») e il Corriere dello Sport scriveva la formazione delle promesse della Roma che avrebbero garantito il futuro del club: in porta Skorupski, in difesa Golubovic, Jedvaj, Romagnoli e Abner, a centrocampo Tibolla e Paredes, sulla trequarti Vestenicky, Berisha e Radonjic, davanti Sanabria. Di undici, non ne è stato preso uno. Di Francesco l’esonero lo prese malissimo: si chiuse a Pescara per qualche giorno a meditare, come vivendo un lutto. Squinzi cercò di far fare il gran salto a Filippo Inzaghi, che all’epoca allenava la Primavera del Milan, ma l’ex attaccante gli disse di no: preferiva restare a fare ancora esperienza a Milano. Chissà come sarebbe andata la storia del Sassuolo, la sua e quella di Di Francesco, se avesse accettato. Invece il Sassuolo ripiegò su Malesani (che si portò il romanistissimo Ezio Sella come vice) e che però fece peggio del predecessore: cinque partite, cinque sconfitte. Esonerare Malesani e richiamare Di Francesco fu un tutt’uno. Eusebio tornò, sistemò la squadra con un paio di mosse e il Sassuolo ricominciò a vincere le partite conquistando una salvezza che sembrava davvero impensabile.
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