Un pieno di promesse non mantenute. Anche se alcune li hanno fatti sognare, portandoli in semifinale di Champions solo pochi mesi fa. Un presidente troppo lontano, assente, a cui dicono “vieni” e poi “vattene”, sempre quando le cose vanno male. I tifosi della Roma, quelli della Curva Sud, sono stanchi, esasperati e si sentono presi in giro da una società “incapace di fare il proprio mestiere e composta da bugiardi patentati”, come scrivono in un comunicato manifesto del loro disagio. La rivolta degli ultras si muove su diversi piani, i risultati, il mercato col “pugno allo stomaco” per l’affare Strootman e persino lo stemma cambiato e mai accettato da chi rivendica la “vecchia cara Associazione Sportiva Roma 22 luglio 1927”. La protesta monta, dentro e fuori lo stadio, comincia la notte prima di Roma-Genoa per le strade della città, dove sono apparsi numerosi striscioni destinati a Pallotta, dal “mai stati uniti” al “maiale”, fino all’esagerazione del “vogliamo il tuo funerale”, da non augurare nemmeno al peggior nemico. Da vergognarsi. Da “fucking idiots”, o forse peggio. Ma loro scrivono che sono “felici di esserlo”.
Che piaccia oppure no, il presidente giallorosso ha investito nella Roma, l’ha internazionalizzata e, dopo 5 anni consecutivi sul podio della Serie A con la qualificazione Champions in tasca, sarebbe un fallimento in primis per lui se non si riuscisse ad arrivare tra le prime quattro quest’anno. “Non chiediamo vittorie, ma chiarezza e rispetto”, scrivono i tifosi della Sud nel loro comunicato ufficiale, diffuso prima della gara in cui hanno deciso di far pesare il silenzio, per i primi dieci minuti, in un Olimpico già punitivamente deserto. Fuori dallo stadio la scritta: “Presidente, società e giocatori, non siete degni dei nostri colori”. Dentro viene contestata la squadra, fischiata all’ingresso in campo, mentre alla lettura delle formazioni si salvano solo De Rossi e Zaniolo, gli unici a ricevere applausi. Il primo timido striscione che si affaccia in curva va dritto al punto: “21 punti in 15 partite… ve svejate”. E no, la Roma non si sveglia, anzi si addormenta pure Olsen, che con una papera fa segnare Piatek. Al minuto 11, come promesso, finisce lo sciopero, i tifosi vanno a riempire le prime dieci file lasciate vuote all’inizio e la curva si accende, attrezzata di bandierine giallorosse, la prima cosa che urla è “forza Roma alè”, perché l’amore per quei coloriva oltre tutto quanto, poi il coro “con un presidente pezzente che fa la spia al prefetto ma quando lo vincemo sto c… di scudetto”. Fazio pareggia, ma al suo nome pronunciato dallo speaker non segue la solita eco, bensi un’altra pioggia di fischi. Non basta, e infatti il Genoa rimonta subito. Kluivert trova il 2-2 con un bel gol che non evita una nuova contestazione rumorosa all’intervallo. Nel primo tempo è stato preso di mira Kolarov dopo un rinvio sbagliato e la reazione del giocatore fa e fara discutere: sembra sputare proprio verso la curva, stando alle immagini, ma non c’è certezza. L’unica cosa sicura è che alla fine la Roma vince (per la 13esima volta consecutiva in casa contro il Genoa), zittisce i fischi (per il momento) e con una rimonta che mancava dallo scorso marzo contro il Napoli prende una boccata di ossigeno puro.