Il 2018, l’anno in cui la Roma ha giocato la partita più grande della sua storia, il 3-0 al Barcellona di Manolas e di tutta una città, se ne va con una vittoria a casa di una neopromossa per prendere 30 punti e i margini di una zona che negli ultimi 5 anni abbiamo quasi noiosamente abitato. È appena una vittoria normale, ma avevamo vissuto talmente male che pure la normalità ci sembra qualcosa di estremamente succoso. Che il successo di ieri sia un nuovo aprile per la Roma è ancora troppo presto anche solo pensarlo. Il successo di ieri e quello col Sassuolo, la prestazione decente a Torino più della stremante estenuante vittoria col Genoa sono ancora brodini anche se necessarissimi per le sorti dell’allenatore e della Roma che guida. Sicuramente i calciatori non l’hanno abbandonato soprattutto quando avrebbero potuto, quando – in particolare col Genoa – c’erano mille appigli per buttare giù il tecnico e cercarsi altre storie e altri alibi. Invece a quegli appigli si sono attaccati. Tutti.
La classifica ricomincia ad avere una fisionomia quasi guardabile, ma non di più. È tutto da fare il 2019 che verrà ma è già quasi una bella notizia per come a un certo punto la stagione si era (compro)messa. All’anno nuovo dobbiamo guardare subito perché la prima partita con l’Entella il 14 gennaio ore 21 all’Olimpico, è già quella che conta di più: ci sta di mezzo la Coppa Italia, con tutti i suoi significati evidentemente simbolici e romanisti, e quelli più evidenti e basta: la serietà, l’impegno, la necessità di fare una scalata verso qualcosa. Al prossimo anno dobbiamo guardare non tanto rivedendo Roma-Barcellona (quella resta nell’intoccabile scrigno interiore con tutto quel tutto di quella notte e le emozioni di quegli strani indimenticabili giorni verso la semifinale) ma rivedendo le dolorose – fisicamente – partite di questa stagione con Atalanta, Milan, Chievo, Bologna, Spal, Udinese, Cagliari più il niente di Plzen. (…)
PER LEGGERE L’ARTICOLO COMPLETO CLICCARE QUI