A ognuno il suo calcio: D’Aversa piazza un pullman davanti alla porta di Sepe e per un’ora resiste rischiando persino di trovarsi in vantaggio quando su una delle diverse palle buttate davanti sperando di cogliere lo spiraglio giusto Siligardi s’è trovato da solo davanti a Olsen (che però ha reagito da campione, salvando la Roma e mantenendo il risultato in equilibrio). Di qua invece Di Francesco non ha mai smesso di giocare il suo, che è fatto di dominio del pallone, di squadra compatta e sempre proiettata in avanti, di sovrapposizioni e passaggi corti, di movimenti e aggiramenti, di aggressioni e verticalizzazioni e adesso che la squadra sembra star meglio e che soprattutto sono tornate a disposizione le alternative che erano mancate per diverse settimane, si rivede anche l’autorevolezza dello scorso anno. Così nonostante un primo tempo sofferto, nel secondo la Roma sblocca il risultato con Cristante, lo consolida con Ünder e poi lo tiene fino alla fine senza soffrire mai, anzi sfiorando più volte il gol del 3-0, contro un Parma a quel punto privo di forze e di idee. E con i tre punti si torna a vedere la Champions proprio alla fine dell’andata: la Lazio, fermata dal Torino, è quarta a quota 32, la Roma ora quinta a 30. Resta poco rispetto alle speranze di inizio torneo, ma è un gran segnale di ripresa. E Di Francesco dopo aver assaporato il panettone, si gusterà i dolci dell’Epifania, la colomba a Pasqua e pure qualche spaghettino alle vongole in primavera, saldo su quella panchina e tanto carico da pensare a qualche altra sorpresa, tra Champions e Coppa Italia.
A Parma non è stata certo una partita da mostrare nelle aule di Coverciano, anche se una certa tendenza di alcuni (presunti) esperti del nostro movimento calcistico tende sempre ad esaltare le squadre tipo questo Parma, con nove giocatori bloccati davanti al portiere a chiudere ogni varco (schierati col 4141, solo nel finale è tornato al 433), e un attaccante, il vecchio amico Gervinho, lasciato davanti senza alcun compito di copertura pronto a gettarsi su ogni pallone rilanciato, magari anche casualmente, nella sua zona di competenza. Il fatto è che la Roma per sua stessa struttura non è esattamente il tipo di squadra in grado di superare agevomente chi si tiene così basso: quando hai uomini come Kolarov, Fazio, Nzonzi e Cristante, o lo stesso Dzeko non certo brillante come quello visto ieri al rientro dal primo minuto, è difficile pensare di alzare il ritmo agonistico per scavalcare il doppio muro studiato da allenatori come D’Aversa. Tanto che nel primo tempo le occasioni migliori per la Roma sono nate da iniziative delle due alette veloci, i giovanissimi, spensierati e muscolarmente prestanti Kluivert e Ünder, scelti da Di Francesco proprio per provare ad aggirare il dispositivo difensivo o, in alternativa, a bucarlo centralmente con iniziative rapide e ficcanti. Al 27′ su una conclusione deviata di Kolarov, la palla giusta è arrivata sul piede del turco, che però ha preferito rientrare sul sinistro per poi chiudere l’azione con un tiro troppo strozzato sul primo palo.
PER LEGGERE L’ARTICOLO COMPLETO CLICCARE QUI