Tre anni dopo, il ritorno alle origini. Era gennaio del 2016 (precisamente il 26 in un caso, il 31 nell’altro) quando Stephan El Shaarawy e Diego Perotti diventavano giocatori della Roma. Arrivavano da Monaco (via Milan) e Genoa in due momenti che più diversi non potevano essere: Perotti era considerato rinato, pronto per il salto nella grande squadra, El Shaarawy, invece, dopo l’esperienza fallimentare in Francia e gli anni difficili in rossonero, di rinascere non aveva certezze. Ma solo una grande speranza. Tre anni dopo, a Trigoria, sono considerate due scommesse vinte: Perotti ha giocato con la Roma 102 partite segnando 22 reti, El Shaarawy èa120 presenze e 34 gol. Adesso, per rincorrere il quarto posto in campionato e provare a sognare in Champions e Coppa Italia,Di Francesco ha bisogno di loro. Che, per ricaricarsi, sono tornati a casa: Savona per El Shaa, Argentina per Diego. Famiglia, amici, riposo e allenamento per entrambi, che hanno voglia – e necessità – di mettersi alle spalle un girone d’andata non esaltante.
PASSATO Finora Perotti ha giocato pochissimo, come mai gli era successo in carriera: 5 presenze totali, con una media inferiore ai 45’ a partita, un gol, tanti problemi fisici e poca capacità di saltare l’uomo, da agosto a dicembre ha vissuto l’inferno. Adesso fisicamente si è messo a posto, ha segnato contro il Sassuolo, e anche se le sirene di mercato lo vogliono nelle mire di Villarreal, Torino, Atalanta e Milan, lui non ha alcuna intenzione di andarsene. La sua assenza sulle fasce si è fatta sentire, è l’unico esterno davvero capace di creare superiorità numerica, a Di Francesco serve la sua fantasia per un attacco che spesso, troppo spesso, ha faticato ad arrivare davanti al portiere avversario.
IL PRESENTE È andato meglio El Shaarawy: 14 presenze e 5 reti, si è fermato per il primo infortunio muscolare della carriera a fine novembre e non è ancora rientrato in campo, ma si è fatto rivedere soltanto in panchina. Si sta allenando a casa sua, in Liguria, breve tappa a Montecarlo per Capodanno, un nuovo taglio di capelli rigorosamente immortalato sui social (ma sembra che la cresta ci sia sempre) e tanta normalità per tornare a pieno regime contro l’Entella. Sia lui sia Perotti dovrebbero giocare nella prima dell’anno perché hanno bisogno di ritrovare ritmo e minuti: magari meno imprevedibili ed esplosivi nel breve di Under e Kluivert, possono garantire il giusto mix di qualità ed esperienza di cui la Roma, per non vivere un gennaio disastroso come lo scorso anno, alla ripresa, avrà bisogno.
IL FUTURO Almeno fino a giugno, poi si vedrà. Perotti ha rinnovato il contratto – a 3 milioni a stagione – un anno fa, fosse per lui resterebbe fino al ritorno in Argentina (perché come dice sempre sogna di chiudere la carriera nel Boca), ma già in estate Monchi non lo considerava incedibile. E questo, sul suo umore e forse anche sul suo fisico, ha pesato. Discorso diverso, e per certi versi più complicato, per El Shaarawy: il suo contratto scade nel 2020 e in questi tre anni non c’è mai stato un ritocco d’ingaggio né un prolungamento. Suo fratello, che gli fa da agente, aveva iniziato un discorso con Monchi, ma poi le trattative non sono proseguite. E, almeno per ora, non verranno riprese. Considerando che tra 18 mesi El Shaarawy sarà libero di andarsene a parametro zero, necessariamente lui e la Roma dovranno fare una scelta: andare avanti insieme, con un nuovo contratto, oppure separarsi. Senza rancore. Perché se c’è una certezza, in questa storia, è che qualunque sia il finale sia Stephan sia Perotti, tre anni fa, hanno dimostrato di aver fatto la scelta giusta con Roma e la Roma. Se sarà addio, quindi, sarà senza rimpianti.