Sta nascendo dentro il mondo del calcio italiano un fronte contro le posizioni di Salvini in materia ultrà. All’indomani dell’incontro al Viminale, da Napoli la società di Aurelio De Laurentiis si è di fatto smarcata dagli orientamenti espressi dal ministro dell’Interno. In caso di cori razzisti i giocatori azzurri potrebbero decidere per una propria, personale linea della fermezza, nella maniera già illustrata da Carlo Ancelotti nelle ore successive ai fatti del 26 dicembre: potrebbero cioè smettere di giocare sin dalle prime manifestazioni di razzismo provenienti dagli spalti, senza indugiare. Una risposta figurativamente eloquente rispetto alle idee espresse durante e dopo il vertice da Salvini: “Sono contrario alla sospensione delle partite per razzismo e alla squalifica di campi e curve”. Via Twitter, però), rispondendo al Napoli, Salvini ha insistito, rilanciato, tenuto il punto: “Sono convinto che chiudere le curve e sospendere le partite per colpa di pochi delinquenti sia la sconfitta del calcio. Dedicherò tutto me stesso per sradicare la violenza dentro e fuori gli stadi, che devono rimanere luoghi colorati e di sana passione sportiva”.
Contro il ministro leghista anche il presidente dell’Assoallenatori, Renzo Ulivieri: “Dire “non si sospende mai” sarebbe sbagliato”. Le proposte di Salvini (la creazione di celle di sicurezza negli stadi, il 10% delle spese per la sicurezza negli stadi a carico dei club, ritorno alle trasferte di gruppo) hanno di fatto messo in un angolo gli orientamenti delle forze del calcio. E creato perplessità proprio nel mondo ultra. Il ritorno alle trasferte collettive, un provvedimento abolito esattamente 20 anni fa dopo i tragici fatti avvenuti nel 1999 sul treno dei tifosi della Salernitana, con 4 morti per un incendio, e quello che, sui forum di diverse tifoserie (Atalanta, Perugia, Napoli soprattutto) ha creato maggiori malumori. Nel vertice di lunedì al Viminale la Figc ha comunque messo sul tavolo un documento di sei pagine incentrato sul concetto di “crowd monitoring”. Il sistema si basa sulle nuove tecnologie, sul monitoraggio dei social media e sulla possibilità di intervento diretto dei tifosi. Lo studio preventivo di parole chiave e flussi di informazioni provenienti dai social network potrebbe orientare gli interventi preventivi di società e forze dell’ordine. In più, attraverso una app, il tifoso può segnalare criticità all’interno degli stadi e geolocalizzarsi, in modo da rendere più semplici gli interventi e le eventuali sanzioni a danno dei responsabili degli incidenti.
L’idea della Figc ha i piedi nel futuro e fa anche sentire vecchissime le proposte di Salvini. L’Inter, intanto, ha rinunciato a presentare ricorso contro la decisione del Giudice sportivo di chiudere San Siro al tifo per due partite a causa dei cori razzisti ai danni di Koulibaly. Il club ha però chiesto a Lega e Federcalcio di poter popolare lo stesso il primo anello arancio del Meazza, il 19 gennaio contro il Sassuolo, con “bambine e bambini delle scuole calcio nerazzurre e a ragazze e ragazzi del Centro sportivo italiano. Un’iniziativa importante per lanciare un segnale forte e chiaro contro ogni forma di discriminazione e violenza” si legge nel comunicato del club nerazzurro. Un’iniziativa lodevole: in questo campionato era già accaduto il 20 ottobre per Juve-Genoa. C’e anche, però, un precedente non troppo edificante. Nel dicembre 2013 la Juventus, costretta a giocare a porte chiuse dopo the i suoi sostenitori si erano stati protagonisti di cori razzisti durante il match contro il Napoli, decise di far entrare 12mila bambini sulle due curve. I giovani sostenitori, tuttavia, ingiuriarono ripetutamente il portiere dell’Udinese Brkic (lo stucchevole, ripetuto, ormai classico “Oohhh merda” nel momento del rinvio dal fondo) tanto da costringere Tosel a comminare 5000 euro di multa alla società torinese. Una figuraccia mondiale e persino griffata: tutti i bambini in quell’occasione avevano anche ricevuto all’ingresso dello stadio un cappellino rosso con uno sponsor della società bianconera.