Sembra si sia fermato il tempo, o che quel tempo sia tornato. Edin Dzeko – a tanti – non va più bene, proprio come allora, quando nel magico mondo dei social veniva sbertucciato per un gol (più di uno) fallito e per quel suo non essere all’altezza. Perché era freddo, perché era un bidone, perché, perché e perché. Ecco, oggi come allora, forse con un po’ di rispetto in più, magari per quegli ottanta gol segnati (più trentadue assist) in centocinquantanove presenze con la maglia della Roma. Nel calcio si giudicano i numeri e questi non sono certo a suo favore, perché Edin è andato a segno in quattro occasioni, due in Champions (tripletta con il Viktoria Plzen e e doppietta al Cska Mosca) e due in campionato (alla prima giornata a Torino e a Empoli).
Sicuramente poche per lui, abituato ad altri standard. Annataccia, almeno fino a ora, ma il rumorio che si sente di sottofondo fa pensare proprio all’Edin appena arrivato a Roma, quello che viveva (male) le sue difficoltà. Fa pensare a quando De Rossi, proteggendolo, se la prendeva con i tifosi che non erano in grado di capire il valore vero di un giocatore come lui. E che quei tifosi che lo avevano contestato/criticato dovevano andare oltre la rete sbagliata o la prestazione fredda. Ma il calcio si vive di passioni e se Edin non fa gol, va al diavolo la sua prestazione per intenditori.
CONCORRENZA SCHICK – Dzeko giocava per la squadra e segnava, ora gioca per la squadra e non segna. Basta? No, evidentemente no. In più mettici che ha trentadue anni e uno ancora di contratto e il gioco è fatto: ecco la Premier per Dzeko, ecco che Dzeko è all’ultima stagione etc etc, i soliti mormorii. Di Francesco lo ha sempre fatto giocare, si è aggrappato a lui nei momenti difficili, lo scorso anno è stato ampiamente ripagato dai gol e dalla scelta di restare a Roma, nonostante il Chelsea. Ora Edin ha un compito più difficile, perché dietro ha cominciato a scalpitare Schick, che deve ambire a prendere il suo posto.
Vediamo che sarà proprio la presenza di un ritrovato Patrik a svegliare il Cigno di Sarajevo. A Bergamo tocca a Edin e il confronto con il suo avversario, Zapata, è impietoso (14 gol, in rete per sette gare di fila). A Firenze, in coppa Italia, magari sarà il turno di Schick. Di Francesco sa come la concorrenza sia da stimolo per i calciatori e la Roma ha bisogno di entrambi, ha la necessità di ritrovare i loro gol per il quarto posto e per provare a scalare altre posizioni in Champions League (c’è il Porto tra poco, poi si vedrà). Lo scorso anno, Edin ha avuto i suoi due mesi terribili, ottobre e novembre, rimanendo a secco per sette giornate, dalla sfida con il Milan a quella con la Spal. Dopo le reti nella fase in cui doveva lasciare la Roma (contro Atalanta, Sampdoria e Benevento), ha ripreso quota con la doppietta di Napoli, con urlo/sfogo verso la telecamera. Da lì un crescendo, fino alla semifinale di Champions League.
Coppa che sta tornando, ed Edin – non solo lui – la sente. Il mese in cui quest’anno è stato fermo lo ha buttato giù parecchio, contro il Torino e con il Parma ha dato il suo apporto ma si vede che ancora non gira a mille. E Schick, suo amico e rivale di ruolo, sa perfettamente cosa significhi combattere con gli infortuni o con problemi muscolari vari (e con lo scetticismo generale) e lo ha ammesso in un’intervista a Sky. Per il ceco, infatti, il bilancio fino a ora è in chiaroscuro. «Ci sono stati momenti bellissimi e momenti difficili. Non sono arrivato in condizioni perfette e poi sono stato infortunato per due mesi. Voglio aiutare la squadra, mi sento bene.
Quando fai gol ti senti in fiducia e giochi meglio. Il ruolo del mental coach? Sono con lui da poco, non penso di giocare meglio per merito suo, ma di sicuro è importante. Stare con qualcuno che non parla solo di calcio è buono. È importante essere liberi di testa per dare il massimo. Dzeko? Sappiamo che non abbiamo fatto bene fino a ora. Se migliora la squadra migliorano anche gli attaccanti». La squadra, pare, sia migliorata. Ora tocca (anche) a voi, no?