Era il laziale traditore visto non di buon occhio al suo arrivo, è diventato presto idolo in una città che s’innamora dei tipi tosti, soprattutto se segnano gol pesanti, si è trasformato nel “croato” altezzoso da schernire sui muri di Roma, troppe volte imbrattati dai tifosi per mandare i loro messaggi insultanti a Trigoria o direttamente a Boston.
Kolarov è il protagonista di questa folle parabola, prima ascendente e poi discendente, lui che aveva esultato al gol nel derby lo scorso settembre, alla faccia del suo passato biancoceleste, conquistando tutti quei romanisti che adesso gli consigliano di “abbassare la cresta”, come recitava una delle scritte comparse nella notte di venerdì nella zona del Torrino, dove abita il calciatore serbo. “Croato di m… a”, lo etichettano i tifosi consapevoli della relazione conflittuale che esiste tra i due paesi confinanti.
Ad incrinare il rapporto tra gli ultras e il serbo è stata una frase dello stesso giocatore, che ha messo al loro posto tutti gli allenatori italiani: “Il tifoso – diceva a fine novembre in risposta alle critiche ricevute – può essere arrabbiato e può esprimere la sua opinione allo stadio, ma deve anche essere consapevole che di calcio capisce poco”.
Si è scatenata una bufera sui social e si è creato un precedente a cui i sostenitori si sono aggrappati dopo il 7-1 di Coppa Italia: “Siamo noi che non capiamo di calcio, vero?”. Un altro episodio di scontro c’era stato a Termini alla partenza della squadra per Firenze, quando un tifoso gli aveva urlato “sveglia” e Kolarov aveva risposto seccato: “Sveglia tua madre”. Da “nemico” a idolo a “croato”, questa città che si lascia trasportare facilmente dagli eventi e non perde mai l’occasione di dimostrare quanto sia difficile mantenere l’equilibrio qui.