Al di sotto della Juve tre gol al Chievo valgono più dell’apparenza. Valgono soprattutto l’aggancio alla Lazio, che per la Roma non è un’avversaria qualsiasi, e un quarto posto virtuale che almeno fa un po’ di scena e mette un po’ di pressione sugli altri. La Roma che in trasferta veniva dai 10 gol presi tra Bergamo e Firenze è riuscita a farne tre senza prenderne nemmeno uno. Quelli bellissimi e tutti ottenuti su grandi giocate, di El Shaarawy, Dzeko e Kolarov hanno confezionato una vittoria distensiva e rilassante, che introduce i giallorossi, senza ulteriori processi e patemi, ai giorni caldi e difficili del ritorno in Champions.
Anche se contraccolpi e veleni non mancano: qualche centinaio di tifosi della Roma si è presentato con lo striscione “rispetto per la maglia”, e il terzo gol di Kolarov a sigillare e mettere in sicurezza il risultato, da lui fatto seguire con un inchino alla curva stessa, è stato ripagato con una pioggia di insulti e cori contro. Da quando Kolarov contestò le eccessive critiche dei tifosi è un tormento. Addirittura scritte sotto casa dopo Firenze. «Kolarov è un grande professionista e alla Roma ha dato tutto», si è schierato dalla sua parte Di Francesco. Non era così scontato vincere al Bentegodi. Con Di Carlo in panchina il Chievo ha avuto un rendimento più sostenuto e anche più dignitoso, e in qualche caso addirittura sorprendente: i pareggi con Napoli, Lazio, Inter e tutto sommato anche i tre gol fatti alla Fiorentina. Anche se la mancanza di Pellissier e la depressione per l’ultimo posto si fanno comunque sentire.
A Verona la Roma si è presentata con una certa agitazione, un po’ per la sua stessa instabilità psicologica, un po’ perché gli infortuni hanno ormai superato la soglia della trentina – stavolta mancavano Olsen e Manolas, Pellegrini era squalificato, senza contare che De Rossi va trattato come una porcellana e dunque “l’allenatore in campo” è stato rimesso in panchina, Schick è uscito acciaccato – e non si riesce mai a fare la stessa formazione due volte di seguito (ne sono state contate 31 diverse). In più sono tutti sotto pressione per la Champions e per il Porto che martedì arriva all’Olimpico. E come se non bastasse c’è pure la Lazio che si è messa in mezzo nella questione Champions League. All’andata per la Roma era stato un triste ed emblematico 2-2: dopo i gol di El Shaarawy e Cristante, era arrivato il pareggio con Birsa e Stepinski.
La Roma era in crisi latente, ma proprio allora si capì che tutte queste sorprese, queste distrazioni, queste rimonte non erano episodiche ma sistematiche, l’incubazione di un virus che avrebbe poi destabilizzato un po’ tutto: indebolendo la difesa, infiacchendo l’attacco, fino ad attaccare la panchina di Di Francesco. Adesso è come se la Roma fosse in convalescenza e si stesse curando con l’omeopatia: non si sa cioè quanto stia bene e se i progressi siano accertati. Di certo la partita col Milan è stata una bella sferzata e la vittoria di ieri è pur sempre una piccola conquista. El Shaarawy è il vero uomo gol, tra gol e traverse Dzeko ha avuto una gran serata. Col tempo si è dovuto sopperire alla penuria di reti degli attaccanti deputati. «Siamo diventati una cooperativa del gol – ha detto Di Francesco – e ne sono molto orgoglioso». Servirà soprattutto in Champions.