Dopo la chat dei quattro amici al bar, utilizzata dalla sindaca Virginia Raggi per confrontarsi con i suoi fedelissimi, spunta anche quella ‘famo sto stadio’, ispirata all’hashtag lanciato dall’allora allenatore della Roma Luciano Spalletti. Ne facevano parte Luca Parnasi e i suoi collaboratori, adesso vicini al processo per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Una chat su whatsapp dove commentavano il progetto e, soprattutto, raccontavano degli incontri con politici e funzionari, a libro paga grazie a finanziamenti illeciti e consulenze che, per la procura, erano vere e proprie tangenti. Uno su tutti: Luca Lanzalone, consulente di punta della sindaca, ingaggiato senza contratto ma diventato il punto di riferimento dell’amministrazione pentastellata per il dossier sullo stadio. Sono i nuovi interrogatori depositati agli atti dell’inchiesta sull’affaire Tor di Valle, dopo la richiesta di rinvio a giudizio – sono in tutto 15 gli imputati che il 2 aprile compariranno davanti al gup – a tratteggiare il ruolo di Lanzalone, finito a processo per corruzione per avere agevolato Parnasi in cambio consulenze.
I VERBALI È uno dei collaboratori di Parnasi, Simone Contasta, a parlare del super-consulente e della chat. Lanzalone era l’interlocutore privilegiato di Parnasi «per tre specifiche qualità: conosceva il progetto, era competente e aveva un potere di interloquire con il ruolo apicale del Comune», per la sua «vicinanza al Movimento 5 stelle». L’imprenditore aveva deciso di coinvolgerlo anche «nel progetto di Marino, l’Ecovillage, conferendogli un incarico. C’erano analogie con le problematiche sorte in relazione allo stadio». Poi Contasta aggiunge: «Parnasi evidenziava le competenze di Lanzalone e la sua vicinanza al Movimento». Il primo incontro con il super-consulente è nel febbraio 2017: «Mi è stato presentato quale rappresentante del Comune per la definizione di un progetto soddisfacente per il M5s. Ci venne presentato come referente con cui dialogare nel corso di una riunione alla quale parteciparono, tra gli altri, Bergamo, Berdini, Frongia, Ferrara e De Vito».
Contasta racconta che la sua mediazione è stata fondamentale: «Comprese quali fossero le esigenze del Comune, grazie alla mediazione di Lanzalone, si è giunti alla predisposizione di un progetto gradito al Movimento». Lanzalone è sempre stato presente, «sia Giampaoletti che Montuori (Franco Giampaoletti, dg del Campidgolio, e Luca Montuori, assessore all’Urbanistica, ndr) avevano necessità di essere supportati nelle loro decisioni», aggiunge Contasta. E precisa che Lanzalone ha continuato a collaborare sia con Parnasi che con il Comune anche «con l’avvio della Conferenza di servizi», fino «al giorno degli arresti in giugno». Contasta affronta anche i rapporti di Parnasi con la politica, al centro di un secondo filone d’indagine con i finanziamenti alle fondazioni di Lega e Pd: Eyu e Più Voci. «Ho sempre saputo che finanziasse la politica in generale, non in particolare un partito».
Contasta ha parlato anche del Soprintendente Francesco Prosperetti, che ha archiviato la proposta di vincolo sull’ippodromo di Tor di Valle. L’ipotesi è che lo abbia fatto in cambio di un incarico per il datore di lavoro di sua figlia, l’architetto Paolo Desideri. «Desideri mi parlò del problema del vincolo, disse che conosceva Prosperetti – aggiunge Contasta – e che sarebbe stato felice di dare un contributo per trovare una soluzione di mediazione con la Soprintendenza per giungere all’archiviazione della proposta. Disse che anche Prosperetti sarebbe stato felice». Subito dopo quell’incontro, sottolinea la pm, Contasta scrive nella chat ‘famo sto stadio’, comunicando agli interlocutori di avere «info sul vincolo». Il socio di Parnasi replica agli inquirenti: «Mi era stato detto da Desideri che Prosperetti voleva che fosse lui a elaborare un progetto». Poi sottolinea l’inutilità di quella commessa: «La progettazione non aveva in sé alcuna utilità, mi è stato detto che la realizzazione del progetto era un passaggio necessario per ottenere l’archiviazione».
IL CONSULENTE Agli atti, c’è anche l’interrogatorio di Lanzalone, del 7 dicembre. Parla del rapporto con Fabio Serini, l’ex commissario straordinario dell’Ipa, l’ente di previdenza dei dipendenti capitolini, finito sotto processo insieme a lui. Lanzalone e il suo socio Fabio Costantini, una volta entrati nelle grazie dell’amministrazione capitolina, gli avrebbero fatto ottenere la nomina all’Ipa, intercedendo con la sindaca. In cambio, avrebbero avuto almeno due incarichi. «L’ho segnalato al sindaco Serini – spiega Lanzalone – era una persona qualificata». E in relazione alle consulenze ottenute dice: «Non mi ha meravigliato che ci abbia conferito un incarico poco dopo l’insediamento. Pensai che potesse essere stato per la fiducia professionale». Dall’interrogatorio emerge anche un altro progetto poi naufragato: un ulteriore incarico da conferire a Serini.