All’improvviso l’apoteosi. Il 6 dicembre 2009 quel gol è uno squarcio di luce nel cielo scuro di una notte che rischiava di essere anonima. Mentre ha una firma scolpita nella Storia, quella di Marco Cassetti. Il numero 77 che al minuto 77 innesca la rivoluzione punk del terzo millennio. Nome e cognome riecheggiano anche dopo dieci anni: «Ancora oggi mi fermano in strada e me lo ricordano», ammette lui, con un tono sospeso fra l’orgoglioso e il divertito.
Ti avranno citato quel derby decine di volte… «Decine? Centinaia almeno. Da quel giorno la mia vita è cambiata, inutile negarlo».
Mica ti sarà venuto a noia? «Ma no, ci mancherebbe. Mi ha segnato ma in positivo. Il gol ha inciso il mio nome nella memoria dei tifosi, un vero onore».
I calciatori non sempre ricordano le proprie azioni a distanza di anni. Tu? «Come no. Ho fermato al limite della nostra area Kolarov – che allora giocava con loro – l’ho data a Brighi che ha aperto per Riise, da lui a Francesco, dopo un contrasto con un avversario la palla è tornata a Brighi che mi ha pescato dentro, l’ho girata a Vucinic sulla destra, che me l’ha ridata e ho tirato».
Ricordi ogni dettaglio… «Anche i pensieri di quegli attimi: quando Mirko aveva palla, ho visto un buco dove infilarmi nella loro area e mi sono detto “Vediamo come va”, poi ho colpito come sapete, ma è andata bene».
E quella singolare esultanza? «Non sapevo dove andare. La prima idea era di correre sotto la Sud, poi ho visto un’infinità di cartelloni pubblicitari e mi sono bloccato».
Uno lo hai buttato giù… «Ero come in trance, felicissimo ma confuso. Poi ho avuto un momento di lucidità che mi ha fatto fermare: era importante portare a casa i tre punti».
Non capitavi spesso in zona gol: come mai eri lì? «Giocavamo male, non coprivamo come avremmo dovuto la zona offensiva. Totti e Vucinic erano un po’ defilati rispetto al solito e ne ho approfittato per inserirmi».
Prima però segnavi spesso… «Occupavo posizioni differenti: a Verona ero mezzala o laterale in un centrocampo a 5. A Lecce Delio Rossi mi schierava esterno alto».
A Roma sei tornato terzino… «Non c’era bisogno di giocare avanti con quei fuoriclasse che avevamo. Però qualche golletto l’ho fatto anche qui, dai».
Uno in particolare: che è successo dopo nello spogliatoio? «Sono rientrato più tardi rispetto agli altri per le interviste di rito e mi hanno accolto con grandi festeggiamenti. Indimenticabile».
Totti e De Rossi in particolare? «Daniele mi ha travolto già al fischio finale: ero fermo in mezzo al campo e mi è saltato in braccio, facendomi finire a terra, era in preda all’estasi. Francesco mi ha fatto qualche battuta delle sue, ma non ricordo le parole precise».
Al ritorno rimasero fuori entrambi nell’intervallo… (…)
PER LEGGERE L’INTERVISTA COMPLETA CLICCARE QUI