Giallo delle coreografie all’Olimpico. L’atteso spettacolo di colori non c’è stato e la colpa è della soffiata anonima che ha rivelato in grande anticipo i piani della Curva Sud.
L’idea era quella di ritrarre una lupa su un caldo sfondo giallorosso, ma una volta svelato il segreto è venuta meno l’essenza stessa della scenografia, che per tradizione dev’essere una sorpresa. Tolto l’effetto «wow», è rimasto in bella vista solo lo striscione di rimprovero esposto dagli ultras in periodo di crisi e rimasto lì come monito per i giocatori, chiamati a rispettare la maglia. «Lupa… Non era meglio se ce chiedevate questa?», s’interrogano i laziali sventolando il cimelio di un vecchio derby «rubato» ai tifosi avversari. Ma anche loro non stupiscono, si fermano allo sfottò e dimenticano di colorare il settore come sanno fare.
I cori, almeno quelli, non sono mancati (sfortunatamente nemmeno quelli beceri con cui dalla Nord hanno insultato la madre di Zaniolo), la Sud si diverte ad intonare «Lazio m…» al ritmo di «We will rock you» dei Queen, poi si salta, si fischia, si esulta e ci si dispera, in base ai casi, alla propria fede, e la tensione del match viene spezzata al 13° dall’immagine di Davide Astori sui maxischermi, per il primo anniversario dalla scomparsa prematura dell’ex difensore che la maglia giallorossa l’ha vestita nella stagione 2014-15, giocando una sola stracittadina (2-2): un minuto di applausi da tutto lo stadio e qualcosina in meno da parte di giocatori e allenatori, concentrati sulla sfida subito in salita per la Roma.
A far notizia, però, è quello che è successo fuori dall’Olimpico, dove non si sono fatti attendere né gli scontri né tantomeno gli sfoghi di tipo razziale: alla scritta «Romanista Anna Frank», realizzata dai biancocelesti nei giorni scorsi al Circo Massimo, i giallorossi hanno risposto con lo striscione «Laziale Mahmood», tirando in causa il vincitore di Sanremo che è stato già sulla bocca di politici e non solo per quel cognome straniero dietro cui si cela in realtà un cantautore italiano. Ma gli imbecilli sono dappertutto, purtroppo, e alla fine è questo quello che rimane di uno spento derby del tifo.