Ha pianto tutta la notte, inconsolabile, crollando prima in campo e poi dopo, nella riservatezza dello spogliatoio di Oporto. Alessandro Florenzi non riesce a farsene una ragione, troppo pesante la croce da portare per quella trattenuta che ha regalato il rigore decisivo ai portoghesi, ma ancor più dura non riuscire a trasmettere fino in fondo ai tifosi quanto stia male per tutta questa situazione. Nel pianto che ha trovato un po’ di conforto tra le braccia del rivale Casillas e di De Rossi, pronto a soccorrere moralmente il compagno, sono raccolti mesi pesanti, di incomprensioni con l’ambiente giallorosso, che partono dai cori contro della scorsa estate quando era nel pieno della trattativa per il rinnovo contrattuale e gli veniva rimproverato di chiedere troppo di stipendio. E sotto accusa sono finiti i suoi atteggiamenti, considerati forzati, ai limiti della falsità, per arrivare alla conclusione che non può essere l’erede di De Rossi. Tutte cose che fanno stare malissimo Florenzi.
E ieri in tanti hanno etichettato come finte anche le sue lacrime post-eliminazione. Invece Alessandro non si dà pace, non riesce a perdonare se stesso per la trattenuta a Fernando, per quello che ne è conseguito e per il danno provocato alla Roma. Ma in quel crollo emotivo c’è anche tutta la frustrazione per non riuscire a far capire alla gente come si sente davvero dentro, quanto debba convivere con i dolori che gli provoca il ginocchio operato due volte, quanto vorrebbe spaccare il mondo per dimostrare alla gente il suo attaccamento. Il paragone con Totti e Florenzi nella linea ereditaria lo schiaccia e gli fa male quando le prese in giro coinvolgono la famiglia, in particolare quella nonna che aveva abbracciato dopo un gol al Cagliari nel 2014, per un’immagine che ha fatto il giro del mondo, trasformandolo dolcemente in “Bello de nonna”.